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SIMON REYNOLDS Retromania

Autore: Simon Reynolds

Casa Editrice: ISBN Edizioni

Pagine: 479

Prezzo di copertina: € 26,90

Simon Reynolds è con Lester Bangs e Greil Marcus il più grande “scrittore di cose rock”. E’ la massima autorità vivente in materia di rock britannico, con competenze vastissime su tutta la storia del pop. A lui si deve il termine “post rock” del quale spesso facciamo uso per definire gruppi figli artistici degli Slint e della successiva scena di Chicago, altrimenti difficilmente inquadrabili in altre categorie del rock.
Ogni uscita editoriale firmata da Reynolds è un piccolo evento per i culturi del pop rock e dunque Retromania è stato il testo che ha segnato più di molti altri il 2011. Ma cosa è Retromania? E’ un saggio sulla storia del rock come altri scritti in precedenza da Reynolds o è qualcosa d’altro?
Ebbene la risposta senza dubbio corretta è che si tratta di un piccolo manuale di sociologia. Forse il primo libro di “sociologia dell’ascolto compulsivo”. E’ un libro che ti fa riflettere sulle passioni e sul modo di coltivarle. Ed il tema è quello del delizioso sentimento umano della nostalgia.
A seguito della lettura del libro sono andato ad esaminare la mia discografia personale e mi sono accorto che, su 202 album in studio a cui ho assegnato nella mia vita le fatidiche “cinque stelle”, solo 18 sono stati registrati dopo il 1999. Qualche anno fa ho fatto un ciclo di trasmissioni dedicate a quello che ho definito il “retrogressive”, ovvero la rivisitazione di rock delle epoche passate che sta caratterizzando il nuovo millennio. Sono inoltre persuaso che il decennio 2000 – 2009 sia stato il primo della storia del rock non caratterizzato da nessun punto di svolta progressista e quindi il peggiore dalla fondazione di questo tipo di musica. Tanti dischi di buon livello, ma niente che possa ispirare la vita di qualcuno in modo decisivo.
Retromania parla di questo; parla di noi che compriamo o scarichiamo i nuovi album sperando di rivivere in eterno le emozioni che hanno caratterizzato la nostra giovinezza, allorché mettevamo sul piatto l’ultimo dei Beatles, o dei Led Zeppelin, o dei R.E.M., o dei Massive Attack freschi di stampa. Reynolds sottolinea anche che questa tendenza passatista è iniziata prestissimo nella storia del rock (il progetto Get Back dei Beatles, il punk rock, Bruce Springsteen, i Creedence Clearwater Revival, Meat Loaf, il glam degli anni ’70, i Cramps, gli Stray Cats) e che tutto sommato ciclicamente si tende a ritornare alla fonte del rockabilly.
Come molti lavori di sociologia Retromania finisce però anche per essere dispersivo e per essere un descrittore della realtà più che un vero interpretatore dell’attualità. E per questo rimane forse soltanto l’ennesimo episodio di quella tendenza passatista che ci sta travolgendo. Il presente ed il futuro sono tutti nostri, che si parli di cose serie o frivole come il rock n’roll; sta a noi progredire. Il motto “si stava meglio quando si stava peggio” di gianniniana memoria mal si addice a chi è aperto al mondo. E noi Italiani lo sappiamo bene.

Concludo elencando i 18 dischi che meritano per me le cinque stelle dal 2000 in poi (la compilazione, come dice Reynolds, è uno dei massimi esercizi di nostalgia):

Ryan Adams – Heartbreaker (2000)
Radiohead – Kid A (2000)
Gov’t Mule – The Deep End Vol.1 (2001)
System Of A Down – Toxicity (2001)
Moses Guest – Moses Guest (2002)
Ekoostik Hookah – Ohio Grown (2003)
Damien Rice – O (2003)
Comets On Fire – Blue Cathedral (2004)
Ben Harper & The Blind Boys Of Alabama – There Will Be A Light (2004)
The Mars Volta – Frances The Mute (2005)
Okkervil River – Black Sheep Boy (2005)
Acoustic Ladyland – Skinny Grin (2006)
The Decemberists – The Crane Wife (2007)
Umphrey’s McGhee – The Bottom Half (2007)
Dirty Projectors – Bitte Orca (2009)
Piano Magic – Ovations (2009)
Natalie Merchant – Leave Your Sleep (2010)
Silver Mount Zion Memorial Orchestra – Kollaps Traditionales (2010)

Di questa lista solo Radiohead, System Of A Down e Acoustic Ladyland sembrano essere pienamente figli del loro tempo.