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ENRICO PIERANUNZI & PAUL MOTIAN Flux And Change

Anno di pubblicazione: 1995

Brani: Suite N.1 (part I – XII), Suite N.2 (part I – V), Suite N.3 (part I – VI)

Musicisti: Enrico Pieranunzi (pianoforte), Paul Motian (batteria)

Nel riascoltare alcuni dischi in cui suonava il compianto Paul Motian, mi sono imbattuto felicemente in questo incontro al vertice avvenuto il 27 agosto 1992 sul palco del Roccella Jonica International Jazz Festival.
Un concerto suonato con una formazione molto inusuale (il duo piano – batteria), che mette sicuramente in grande difficoltà il batterista, costretto spesso a rincorrere l’estro del pianista. Il pianoforte ha spesso orrore del vuoto (è un po’ come la natura) e quindi una formazione fatta di sottrazioni più che di addizioni comporta che questi tenda a comportarsi come se suonasse da solo. Ecco allora che il batterista deve attendere le aree meditative del pianista per riuscire ad agganciare il groove necessario a tenere in piedi la baracca.
I due musicisti in questione non avevano mai suonato insieme prima di questa esibizione (se si escludono un paio di giorni di prove), ma la loro intesa ha del miracoloso. Pieranunzi dimostra ancora una volta di essere un vero erudito del jazz, sciorinando in continuazione idee e stili diversi, ma il vero merito della grande riuscita di questo piacevolissimo live album deve essere ascritta al competente e discreto lavoro di tessitura di Motian, uno che ha visto passare da protagonista quasi tutte le stagioni del jazz.
Le tre suite sono suddivise in brani piuttosto brevi, in cui il duo si diverte a raccontarci una sorta di storia del jazz. Ecco che infatti la prima suite, la più astratta e free tra le tre, si apre inaspettatamente alla melodia del celeberrimo standard Someday My Prince Will Come subito dopo il tema dell’ottima Pianologue 1 di Pieranunzi.
La seconda suite è l’apice del disco. Qui il compositore principale è Pieranunzi, ma vengono anche rivisitati due standard del calibro di The Inch Worm e All The Things You Are. Da segnalare For Your Peace, composizione incantata del musicista italiano che in più di un elemento ricorda la grazia della Waltz For Debby di Bill Evans (ricordate chi era il batterista in quel celeberrimo album dell’occhialuto pianista?).
Infine, con la terza suite, i due vincono facile poiché si divertono da matti a mischiare tra loro alcuni dei grandi classici del nuovo jazz. Ecco allora sfilare Saint Thomas di Sonny Rollins, dopo il poderoso assolo di Motian intitolato Drumlogue 3 e poi anche Anthropology di Charlie Parker e Straight No Chaser di Thelonious Monk.
Ancora una volta il fantasma di Evans torna sul palco quando arriva lo standard Alice In Wonderland. E doveva essere un fantasma che sorrideva benevolo.

 Lorenzo Allori