On Air Stiamo trasmettendo:
Rock Blues

Parola di DJ

newsletter
Vuoi essere informato su tutte le novità di Radiogas?
Iscriviti alla nostra newsletter
Scrivi la tua email



Ibrahim Maalouf – Live Tracks (2006 – 2016)

Anno di pubblicazione: 2016

Nazione: Francia

Genere: Jazz, Pop, Etno

Giudizio: **1/2

 

Brani: Red & Black Light / La Javanaise / Will Soon Be A Woman / Nomade Slang / True Sorry (part I - II) / Ya Ha La / Your Soul / Beirut / Different / Qabu / Ouverture / Jamal / Concert Etude De Goedicke

 

Brano migliore: Nomade Slang

Musicisti: Ibrahim Maalouf (tromba, pianoforte, voce), Laurent David (basso elettrico), François Delporte (chitarra), Xavier Rogé (batteria), Frank Woeste (pianoforte), Younn Kamm (tromba), Larry Grenadier (contrabbasso), Clarence Penn (batteria), Mark Turner (sax tenore), Stéphane Gallane (batteria), Yann Martin (tromba), Martin Saccardy (tromba), Antoine Guillemette (basso elettrico), Eric Legnini (tastiere)

 

 

Ibrahim Maalouf è il principe del nuovo jazz mainstream. Essendo un francese di origini libanesi ed essendo tradizionalmente la musica francese pervasa da un melting pot culturale quanto mai vario, anche la musica di Maalouf si rivolge fortemente al Mediterraneo ed alle sue culture. Negli ultimi anni però, in particolare con l'orrido album in studio Red & Black Light (2016), alle suggestioni etniche si è aggiunta un'attinenza notevole con la chanson française, con il musical ed addirittura con l'easy listening da film erotico di serie B. Anche quando Maalouf affronta qualche tema più vicino al jazz tradizionale (Will Soon Be A Woman), la continua ricerca della spettacolarizzazione e l'assenza di "narrazione" negli assoli, lasciano freddo un appassionato di jazz come me. Addirittura Maalouf si cimenta al canto (con esiti non indimenticabili) ed incita al sing - along l'ormai oceanico pubblico dei suoi concerti. In tutta questa male assortita accozzaglia di suoni si perdono anche musicisti di grande fama come Larry Grenadier e Mark Turner. Questa musica non può essere il futuro del jazz, semmai potrebbe essere il suo killer.

 Lorenzo Allori