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Peter Silberman – Impermanence

Anno di pubblicazione: 2017

Provenienza: U.S.A.

Genere: folk, ambient

Voto: ***1/2

Brano migliore: Karuna


Commento: L'ex Antlers ha scritto e registrato le sei canzoni che compongono Impermanence in un periodo molto lungo, durato circa quattro anni. In questo lasso di tempo Silberman ha dovuto fare fronte alla più invalidante infermità esistente per un musicista: la sordità. Uno stato per fortuna non irreversibile, che però lo ha costretto a reinventarsi come musicista ed in particolar modo come cantante. Questa cosa emerge chiaramente ascoltando l'uso "strumentale" della propria voce che riesce a sfoderare colui che in fondo non era niente di più del leader di uno dei tanti gruppi indie rock che popolavano Brooklyn a metà dello scorso decennio. C'è dello studio dietro queste tracce vocali, lo stesso che deve aver animato il Jeff Buckley pre notorietà o addirittura il nostro Demetrio Stratos (pur con capacità vocali completamente diverse). Impermanence è dunque innanzi tutto la cronistoria di una guarigione a lieto fine e si sublima perfettamente nel perfetto intarsio tra ambient e canzone d'autore che risponde al nome di Karuna. Poi piace anche ricordare la jeffbuckleyana, che più jeffbuckleyana non si può, New York. In definitiva Impermanence sarebbe potuto essere il perfetto terzo album di Bon Iver, che Justin Vernon proprio non è riuscito a fare. Se vi riconoscete nella musica degli artisti citati in questa breve recensione, questo piccolo tesoro fa per voi.


Assomiglia a: Jeff Buckley, Mark Hollis, Rocco De Luca, Bon Iver

Dove ascoltarlo: in una sala da concerti dotata di acustica perfetta.

 Lorenzo Allori