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BEN HARPER Discografia

Nel 1992 dalla città californiana di Claremont esce un cantautore destinato a diventare un punto di riferimento per il rock dei decenni successivi. Harper ha ventitre anni quando incide il suo album d’esordio. Welcome To The Cruel World (1992 - ****) è disco prettamente acustico che deve molto alla lezione dell’ultimo Bob Marley, ma anche alle cose meno commerciali di Cat Stevens. Il nostro si esalta in delicati acquarelli romantico / spirituali come Waiting On An Angel, Forever, Pleasure And Pain e la superba Walk Away; ma è con altri ingredienti che attira il grande pubblico rock: Mama’s Got A Girlfriend Now mostra una tecnica veramente non male alla chitarra weissenborn, Whipping Boy è un po’ Lenny Kravitz ed un po’ Jimi Hendrix, Like A King è polemica contro le discriminazioni razziali, mentre Don’t Take That Attitude To Your Grave ha un arrangiamento complicato che piace agli amanti delle jam band.

  Divenuto uno degli artisti di colore (non hip hop) emergenti più famosi del mondo, Harper si ripresenta con quel vero zibaldone di black music acustica intitolato Fight For Your Mind (1995 - *****). Si tratta di un album registrato in modo miracoloso che sfrutta alla perfezione le abilità tecniche dei vari musicisti coinvolti (ovviamente Ben alla slide, ma anche il gigantesco, in tutti i sensi, Juan Nelson al basso).
 

L’lp vende molto bene grazie ai singoli Ground On Down e Excuse Me Mr., ma è l’insieme che colpisce: dagli accenni polemici di Oppression, One Road To Freedom o Give A Man A Home, al funk della title - track, dalle atmosfere caraibiche di Gold To Me o Burn One Down, al folk delicato di Another Lonely Day. La voglia di suonare di Harper è irrefrenabile e lo si nota soprattutto nelle chilometriche God Fearing Man (in cui gli assoli di chitarra di susseguono all’infinito) e The Power Of The Gospel.

Assoldati due altri incredibili musicisti come il batterista Dean Butterworth ed il percussionista David Leach (che insieme a Nelson formeranno gli Innocent Criminals, la migliore band di accompagnamento degli anni ’90), Ben Harper è pronto per il salto elettrico rappresentato dall’album The Will To Live (1997 - ****). In questo lp infatti sono contenuti i primi successi “super rock” di Harper: il singolo Faded, innanzi tutto, e poi anche The Will To Live e la splendida Glory And Consequence. Gli accenti politici sono limitati all’appassionato blues in stile “Alligator” intitolato Homeless Child. La notorietà continua però a crescere grazie ad una canzone acustica che si riavvicina al reggae e si intitola Jah Work. In questo album è contenuta Roses From My Friends, la sua più bella ballata di sempre.

Si continua a premere sul’acceleratore rock con il quarto album. Burn To Shine (1999 - ***1/2) pur rimanendo un buon lavoro inizia a mostrare una certa stanchezza nella formula “Innocent Criminals”. Harper abbandona l’adorata weissenborn per dedicarsi alla “strato” e lo shock per i fans più sfegatati è di quelli che lasciano il segno. Dell’album si ricordano con piacere i riferimenti in stile Curtis Mayfield della coinvolgente The Woman In You, il gospel accorato Show Me A Little Shame ed i sapori country rock della title – track. Ci sono però altri momenti che non convincono in pieno: dalla banalità del ritornello di Please Bleed, al funk acustico Steal My Kisses ed ancora il rozzo hard rock Less e la prolissa ballata Two Hands Of A Prayer.

Chi vuole bene al cantautore californiano preme per un album dal vivo che ne catturi l’incontenibile esuberanza strumentale. Il risultato si chiama Live From Mars (2001 - ****) e si divide tra un dischetto con gli Innocent Criminals ed un altro solitario acustico. Le uniche pecche di questo album sono una certa aria poco professionale (il suono troppo carico di riverbero e l’invereconda stecca di Harper su Please Bleed, tanto per fare due esempi) ed una scaletta troppo sbilanciata sull’anima acustica di Benny. Nel primo cd piacciono soprattutto il medley tra Faded e Whole Lotta Love dei Led Zeppelin, l’originale cover acustica di Sexual Healing di Marvin Gaye ed una lunga Forgiven, hendrixiana fino al midollo. Nel secondo cd spiccano invece la cover di The Drugs Don’t Work dei Verve, Another Lonely Day e il medley tra Like A King ed una I’ll Rise cantata a cappella. Sconcerta invece la scelta di suonare Roses From My Friends utilizzando gli accordi di Knockin’ On Heaven’s Door.

 Lo strameritato successo mondiale, come spesso accade nel mondo del rock, arriva con un disco piuttosto “leggero” intitolato Diamonds On The Inside (2003 - ***). I singoli indugiano molto sulla pura black music (sul soul Diamonds On The Inside e sul reggae With My Own Two Hands), mentre la poche canzoni rock non sono molto riuscite (quasi una caricatura l’assalto super violento alla slide di Temporary Remedy).
 

Qui piace ricordare in particolare il delizioso blues acustico When It’s Good e la ballata gospel Amen Omen.

Il tour successivo a Diamonds On The Inside, caratterizzato dalla presenza di Marc Ford (ex Black Crowes) a sostituire Harper alla chitarra solista, viene documentato dall’album dal vivo (dvd + ep in cd) Live At The Hollywood Bowl (2003 - ***) che non aggiunge niente alla storia se non qualche perplessità per una scaletta suonata correttamente ma con poca grinta. L’apice del concerto si ha con il medley tra With My Own Two Hands e la drammatica War di Bob Marley. Ford lascia gli Innocent Criminals per partecipare alla reunion dei Black Crowes.

Dopo due mezzi passi falsi arriva la redenzione. Harper si incontra in studio con il più famoso gruppo gospel del mondo, i Blind Boys Of Alabama, e da vita ad un progetto gioiello intitolato There Will Be A Light (2004 - *****). L’album è una convincente carrellata di pura gospel & soul music, con i momenti più riusciti rappresentati dall’iniziale Take My Hand, dall’atmosfera southern rock di Wicked Man e dalla cover di Well, Well, Well, tratta dal periodo religioso di Bob Dylan. Perfino un brano non indimenticabile come Pictures Of Jesus (stava su Diamonds On The Inside) viene rivitalizzato dalla cura dei ragazzi ciechi.

Anche Harper è cosciente dell’ottima riuscita del disco gospel e dunque decide di doppiarlo con un album dal vivo. Live At The Apollo (2005 - ****1/2) ha il solo torto di essere troppo simile a There Will Be A Light (che infatti era una sorta di live in studio). A parte questa ovvia considerazione, grande esibizione che ha i momenti migliori nella rilettura di Give A Man A Home (addirittura dalla scaletta di Fight For Your Mind), nella simpatica baraonda di Church On Time e nel commovente traditional Satisfied Mind.

Il doppio album Both Sides Of The Gun (2006 - **1/2) è il disco più brutto in catalogo. Il successo arriva comunque copioso grazie al singolo Better Way (un omaggio al George Harrison solista), ma si salva veramente poco da questa scaletta confusa e poco ispirata. Forse solo la ballata Picture In A Frame. Ne esiste anche una versione su triplo cd con demos e brani dal vivo che non fa che allungare il supplizio.

 
 

Prima di sciogliere definitivamente gli Innocent Criminals, Harper si sposta a Parigi, per realizzare un istant album di puro soul. Lifeline (2007 - ***1/2) vende molto male, ma è interessante soprattutto per l’uso della voce. Finalmente Ben sembra un cantante vero e non un passante finito chissà come in studio di registrazione. Le canzoni degne di nota si chiamano Needed You Tonight, Put It On Me e Say You Will. Il disco esce in versione doppia con un dvd che testimonia un’esecuzione integrale dal vivo (in uno studio con accesso per un pubblico selezionato).

Il nuovo gruppo di accompagnamento si chiama Relentless 7 e Harper si sposta su un garage rock tutto impeto e rabbia. White Lies For Dark Times (2009 - ****) è album velocissimo e ricco di elettricità: in una parola rock n’roll! L’elettrizzante introduzione in drumming solo di Shimmer & Shine (forse un omaggio ai Rainbow di Stargazer) fotografa alla perfezione questo convincente disco. Il brano più bello in scaletta è la straordinaria ed epica Up To You Now.

A sorpresa viene fatto uscire l’ennesimo album dal vivo, questa volta testimoniante l’applaudita esibizione della nuova band al Montreal Jazz Festival del 2009. Live From The Montreal International Jazz Festival (2010 - ***1/2) è una selvaggia sinfonia rock n’roll dove però mancano quasi completamente (Another Lonely Day e Serve Your Soul le uniche eccezioni) testimonianze del periodo Innocent Criminals. Sono completamente spariti i riferimenti alla black music e forse anche per questo Harper si affida molto alle cover. Belle versioni di Red House di Jimi Hendrix e Under Pressure dei Queen + David Bowie caratterizzano infatti la scaletta. I brani più riusciti si chiamano però Up To You Now e soprattutto Keep It Together (So I Can Fall Apart).

Con l’aiuto del cantautore Joseph Arthur e di Dhani Harrison (il figlio del grande George), Harper dà poi vita al progetto Fistful Of Mercy. As I Call You Down (2011 - ***) inaugura in modo non esaltante il 2011 con un classic rock di matrice californiana che vorrebbe omaggiare il primo disco di Crosby, Stills & Nash. Siamo molto lontani dagli originali anche se il brano Fistful Of Mercy è una bella canzone.

  

Sempre più frenetica l’attività di Harper prevede una nuova convocazione in studio per i Relentless 7, il cui risultato risponde al nome di Give Till It’s Gone (2011 - ***1/2). Si tratta di un album che contamina di intuizioni soul il quasi hard rock di White Lies For Dark Times. Ancora una volta Ben Harper fa centro con canzoni solide e ben costruite che rispondono ai nomi di Don’t Give Up On Me Now, I Will Not Be Broken, Clearly Severely e Do It For You, Do It For Us. Partecipa alla fase compositiva Ringo Starr.

Con Get Up! (2013 - ***1/2), Ben Harper torna in pista con un progetto piuttosto interessante. L'album infatti è realizzato a quattro mani con il più grande armonicista bianco di tutti i tempi: Charlie Musselwhite. I due si erano già incrociati nell'album del 2004 Sanctuary, edito da Real World.
 

Quel disco ha rappresentato uno degli apici blues dello scorso decennio e vedeva Harper affiancare l'armonicista in un paio di brani (tra cui la sua Homeless Child). Get Up! gode di momenti senza dubbio convincenti, come il puro blues Don't Look Twice, la dolente ballata I Ride At Dawn o la pura ispirazione hendrixiana di I Don't Believe A Word You Say ma, a conti fatti, rappresenta una piccola occasione sprecata. L'aria che si respira tra queste tracce è quella della jam rilassata e senza pretese, mentre diverse canzoni avrebbero invece necessitato di maggiore cura nei dettagli di produzione. Purtroppo si conferma la tendenza di Harper ad optare per la grande quantità e per il cazzeggio garage. Da Lifeline in poi gli album sono stati tutti registrati con l'urgenza di chi non si cura più del futuro o di chi dubita che abbia senso parlare di un futuro. Un inno allo scarico illegale, insomma.

 Dopo l'album di puro blues con Charlie Musselwhite, Ben Harper continua la sua esplorazione delle proprie radici musicali. Childhood Home (2014 - **1/2) è un album accreditato a Ben insieme alla madre Ellen Harper. Si sa da tempo che Ben proviene da una famiglia di liutai e musicofili ed adesso scopriamo che sua madre aveva diverse canzoni inedite (quattro) nel cassetto.

Childhood Home è un album di puro folk "casalingo", caratterizzato da pochi picchi e con un Ben Harper forse troppo impegnato a concedere spazio alla madre non altrettanto famosa. Si ricordano con piacere soltanto tre brani: A House Is A Home, Farmer's Daughter e Learn It All Again Tomorrow.

 

E' un fatto che Ben Harper abbia reso il meglio insieme agli Innocent Criminals, come è altrettanto certo che questi ultimi non sono mai stati in grado di assecondare in pieno le voglie di rock del loro leader. Call It What It Is (2016 - ***) ci restituisce un Harper più classico rispetto alle ultime prove, molto più propenso cioè a reintepretare la black music in chiave prettamente acustica.  
Infatti Deeper Deeper e Bones sono due deliziose ballate soul (ricordiamoci che il disco esce per i tipi della Stax), mentre Goodbye To You viene sussurata su una base di organo e pianoforte molto suggestiva. Gli episodi più deboli del disco, manco a dirlo, sono quelli iper elettrici (When Sex Was Dirty, Pink Balloon), caratterizzati peraltro da stucchevoli singalong da stadio. Il torto di Harper è quello di cercare di replicare il citazionismo fin troppo fortunato commercialmente di Diamonds From The Inside. Ecco dunque il gioellino acustico Dance Like Fire (anche se trattasi di canzone parecchio ripetitiva), il prescindibile tentativo di inno reggae Finding Our Way e la prima incursione della carriera dalle parti di New Orleans con il convincente swamp blues Call It What It Is.
 Lorenzo Allori