On Air Stiamo trasmettendo:
Slow Emotion

Parola di DJ

newsletter
Vuoi essere informato su tutte le novità di Radiogas?
Iscriviti alla nostra newsletter
Scrivi la tua email



DAVE MATTHEWS BAND Discografia in studio

 

Dave Matthews, cantautore sudafricano e formidabile chitarrista ritmico, si trasferisce a Charlottesville (Virginia) per cercare di sfondare nel music business americano. A Charlottesville ha la possibilità di conoscere il jazzista Tim Reynolds, suo grande mito chitarristico ed allievo di John McLaughlin. Dopo qualche tempo Dave, sempre più sicuro delle canzoni che sta scrivendo, mette insieme la sua band dei sogni con alcuni notevoli musicisti locali. L'incredibile batterista Carter Beauford ed il sassofonista / flautista / clarinettista Leroi Moore provengono dal mondo del jazz, il gigantesco violinista Boyd Tinsley ha una solida preparazione bluegrass, mentre il giovanissimo Stefan Lessard ha già diverse esperienze come bassista di oscure band indie rock. A questo cocktail micidiale Dave aggiunge la sua sensibilità folk, una sempre dichiarata ammirazione per il rock britannico ed il dogma di suonare sempre e solo la chitarra acustica.

Il primo album della carriera della Dave Matthews Band si intitola Remember Two Things (1992 - ***) e non è mai stato distribuito in Europa. Il disco è prodotto in modo approssimativo e si divide tra alcuni brani dal vivo, che poi usciranno in seguito nella versione in studio (Ants Marching, Tripping Billies, Satellite ed una chilometrica Recently), ed i primi episodi registrati in modo professionale. Qui sono contenute due delle più belle ballate di Dave: Seek Up e The Christmas Song.

Recently (1993 - ***) è uno strano ep che allinea la versione in studio della title track, una Halloween dal vivo che uscirà in studio solo un lustro dopo, versioni sommesse e cantautorali di futuri classici come Warehouse e Dancing Nancies ed infine la stravolta cover di All Along The Watchtower di Bob Dylan, che accompagnerà la DMB come sigla finale di tantissimi concerti.

Nel 1992 il movimento delle "jam band" americane riceve un inaspettato riconoscimento di pubblico grazie al successo planetario degli Spin Doctors e del loro singolo Two Princes. Nasce un vero e proprio circuito di band guidate dalla figura carismatica del cantante ed armonicista John Popper (leader dei Blues Traveler), il quale svolge funzione di catalizzatore analoga a quella di Perry Farrell dei Jane's Addiction per l'alternative rock dello stesso periodo. E' proprio Popper a benedire il vero e proprio esordio in studio della band, intitolato Under The Table And Dreaming (1994 - *****). E' infatti di Popper l'armonica indiavolata che rallegra il singolo rock blues What Would You Say?. La Dave Matthews Band ha ingaggiato Steve Lillywhite, forse il produttore di punta del rock britannico degli anni '80, e se ne giova soprattutto la pulizia dei suoni di Under The Table And Dreaming. In questo disco vengono messe in mostra le varie anime del gruppo senza eccedere con l'incontenibile esuberanza strumentale del quintetto. Ci sono tre grandi ballate (Satellite, Typical Situation, Lover Lay Down), accenni jazz (Pay For What You Get e la strumentale #34), american classic rock (The Best Of What's Around, Rhyme And Reason, Jimi Thing) e soprattutto i grandi classici di uno stile unico ed immediatamente riconoscibile (Ants Marching, Dancing Nancies, Warehouse). La discreta (nel senso di non invadente) chitarra elettrica di Tim Reynolds dona colore ai brani più movimentati.


 Per il successivo Crash (1996 - ****) Steve Lillywhite cambia decisamente tattica. Si tratta di un album inciso live in studio. Le canzoni si allungano ed emergono sempre di più i caratteristici cambi di tempo del batterista Carter Beauford. 
In Crash ci sono sei ballate e sei brani up tempo: tra le prime si ricordano soprattutto Crash Into Me (che contiene una strofa di Dixie Chicken, classico del 1975 dei Little Feat), Say Goodbye e #41; negli up tempo ecco Lie In Our Graves, il curioso e strabiliante funk acustico intitolato So Much To Say ed il tour de force combat folk di Two Step. Il grande successo di pubblico arriva però con il "facile" funk fusion di Too Much!.

 

Il primo posto delle classifiche americane arriva infine con lo splendido Before These Crowded Streets (1998 - *****), il quale non fa successo grazie alla presenza della stellina pop rock Alanis Morrissette, che duetta con Dave nella conclusiva Spoon, ma invece proprio per l'incredibile gamma di suoni e qualità delle canzoni. Matthews è divenuto un cantante sempre più espressivo e la sua voce può essere emozionante come quella di Peter Gabriel, vellutata come quella di Sting o cavernosa come quella di Tom Waits. Alla tavolozza consueta dei suoni del gruppo viene aggiunta la tastiera (Butch Taylor), il banjo (Bela Fleck) ed ancora la chitarra elettrica di Tim Reynolds. Pantala Naga Pampa, The Stone e The Last Stop inglobano elementi etnici; il singolo spacca - classifiche Don't Drink The Water sembra uscire dritto dal canzoniere di Peter Gabriel; The Dreaming Tree ha la stessa ingannevole leggerezza pop di Wrapped Around Your Finger dei Police; Pig e Crush sono episodi di puro jazz folk; Halloween fila arrabbiata come un treno in corsa con il violino di Tinsley che fa faville. A tutti però resta in mente il tempo di batteria insostenibile eppure fruibile di Rapunzel e Stay (Wasting Time).

I problemi di alcolismo del leader ed i difficili rapporti con il totem Lillywhite portano all'aborto del nuovo album, che esce solo piratato con il nome di The Steve Lillywhite Sessions (2000 - ****). Si sarebbe trattato di un album cupo e con poche attrattive per le classifiche, ma di bei pezzi ce ne sono diversi: dal mancato singolo Grey Street (tutta giocata su un incisivo riff di sax di Leroi Moore), alla toccante ballata Digging A Ditch, fino all'estesa e drammatica Bartender, che racconta i problemi di dipendenza di Dave. La casa discografica spalleggia la scelta della band di disfarsi di questo buon lavoro a causa delle presenza di brani troppo lunghi, jammati e talvolta esclusivamente strumentali (JTR, Kit Kat Jam).

La disintossicazione di Dave Matthews provoca un'evidente voglia di innovare. Lui riprende il congeniale e sorridente ruolo da "Forrest Gump del rock americano" ed imbraccia per la prima volta la chitarra elettrica. Il suo scopo è di fare uscire un album di pop "fintamente semplice", esattamente come facevano i Police venti e più anni prima. Il successo di Everyday (2001 - **) è clamoroso. La DMB, che già da tempo era il live act americano che vendeva più biglietti in assoluto, diventa l'assoluta dominatrice delle classifiche. Il tutto con un sound patinato e con l'acclarata emarginazione di Boyd Tinsley e del suo inseparabile violino. Dello stile della vecchia band ci sono tracce solo nella title track (nata da una costola della vecchia #36) ed in When The World Ends; il resto è invece qualcosa di inedito. Non tutto da buttare, beninteso: per esempio il lentone The Space Between è veramente splendido, così come non dispiacciono l'omaggio al Van Morrison più soul di So Right e la dolce ballata ("hendrixiana" fin dal titolo) Angel. Il singolo I Did It, Sleep To Dream Her, Dreams Of Our Fathers, Mother Father (con ospite uno spento Carlos Santana) e If I Had It All sono quanto di peggio inciso su disco dal gruppo. La conclusiva Fool To Think è una canzone più "policiana" degli stessi Police: un plagio stilistico evidente fin dalla sezione ritmica.

Stanchi della pirateria, i nostri eroi decidono di fare uscire il disco perduto con Steve Lillywhite,

reincidendolo con il nome di Busted Stuff (2002 - ****). Le differenze rispetto all'originale non sono moltissime. L'album funziona e riconcilia con il gruppo molti vecchi fans. Rispetto alla scaletta di quel lavoro mancano Sweet Up And Down, JTR e Monkey Man, mentre vengono aggiunte le peraltro ottime You Never Know e Where Are You Going?. Il suono è invece meno imperfetto delle ruspanti Lillywhite Sessions.

I tempi sono maturi perché Dave Matthews licenzi momentaneamente la band (compresa l'egocentrica star Carter Beauford), per fare uscire il suo primo album da solista. Mette insieme un gruppo con i controfiocchi (Brady Blade alla batteria, Trey Anastasio dei Phish ed il fido Time Reynolds alle chitarre) e realizza un album molto "americano" nei suoni e moderno nelle intenzioni. I punti di riferimento sono Daniel Lanois ed il Robbie Robertson solista. Talvolta in Some Devil (2003 - ***) ci si avvicina al country rock (Trouble, Grey Blue Eyes), altre volte al gospel (Oh, Some Devil - peraltro entrambe non riuscitissime), ma sembra mancare qualcosa. Quando però Dave imbrocca la canzone non ce n'è per nessuno (Dodo, So Damn Lucky, Stay Or Leave oppure la già citata Trouble). L'apice del disco è rappresentato dalla drammatica folk ballad Gravedigger, presentata in due versioni diverse per arrangiamento e spirito, ma entrambe superlative.

La stanchezza della DMB traspare anche dalle tanto decantate esibizioni live. E' dunque normale che il nuovo album non sia portentoso. Stand Up (2005 - ***) da molti viene salutato come un fiasco terribile. Si tratta invece di un disco onesto nel fotografare la non esaltante ispirazione del gruppo. Le tastiere di Butch Taylor ormai fanno parte integrante della band, ma paradossalmente non fanno che togliere ulteriore spazio ai fiati ed al violino. Stand Up è un disco che sembra quasi uno showcase di Carter Beauford (Old Dirt Hill, Stand Up, American Baby, Hello Again), ma le canzoni latitano paurosamente. Veramente significative solo Dreamgirl, American Baby (part I - II), Out Of My Hands e You Might Die Trying; d'altro canto sono invece deludenti Everybody Wake Up (Our Finest Hour Arrives) e Old Dirt Hill (Bring That Beat Back). In Louisiana Bayou partecipa la lap steel di Robert Randolph.

Leroi Moore muore in un tragico incidente in trattore e questa è la molla che spinge Matthews a mettere insieme un gruppo completamente rinnovato. Fuori gioco Butch Taylor, entrano stabilmente in formazione Rashawn Ross (tromba), Tim Reynolds (chitarra elettrica) e Jeff Coffin, formidabile fiatista (sax, flauto traverso) della jam band Bela Fleck & The Flecktones. Big Whiskey & The Groogrux King (2009 - ***1/2) è un sentito omaggio del gruppo a Leori Moore ed alla musica carnevalesca di New Orleans. Ci sono diverse canzoni di ottimo livello tra questi solchi come Spaceman, Squirm, Alligator Pie od il complicatissimo funk intitolato Shake Me Like A Monkey. Ad assegnare a Big Whiskey lo status di disco veramente ben riuscito ci pensano lo splendido singolo Funny The Way It Is, una Lying In The Hands Of God in cui Jeff Coffin fa subito capire di che pasta è fatto e "last but not least" Why I Am, che è l'ultima traccia registrata da Leroi Moore con il gruppo prima dell'improvviso decesso. Proprio il confronto tra lo stile "coltraniano" di Moore e quello "rollinsoniano" di Coffin demarca alla perfezione il confine tra le due versioni della DMB.

Il grande successo di pubblico arriva però con il "facile" funk fusion di Too Much!.

Il primo posto delle classifiche americane arriva infine con lo splendido Before These Crowded Streets (1998 - *****), il quale non fa successo grazie alla presenza della stellina pop rock Alanis Morrissette, che duetta con Dave nella conclusiva Spoon, ma invece proprio per l'incredibile gamma di suoni e qualità delle canzoni. Matthews è divenuto un cantante sempre più espressivo e la sua voce può essere emozionante come quella di Peter Gabriel, vellutata come quella di Sting o cavernosa come quella di Tom Waits. Alla tavolozza consueta dei suoni del gruppo viene aggiunta la tastiera (Butch Taylor), il banjo (Bela Fleck) ed ancora la chitarra elettrica di Tim Reynolds. Pantala Naga Pampa, The Stone e The Last Stop inglobano elementi etnici; il singolo spacca - classifiche Don't Drink The Water sembra uscire dritto dal canzoniere di Peter Gabriel; The Dreaming Tree ha la stessa ingannevole leggerezza pop di Wrapped Around Your Finger dei Police; Pig e Crush sono episodi di puro jazz folk; Halloween fila arrabbiata come un treno in corsa con il violino di Tinsley che fa faville. A tutti però resta in mente il tempo di batteria insostenibile eppure fruibile di Rapunzel e Stay (Wasting Time).

I problemi di alcolismo del leader ed i difficili rapporti con il totem Lillywhite portano all'aborto del nuovo album, che esce solo piratato con il nome di The Steve Lillywhite Sessions (2000 - ****). Si sarebbe trattato di un album cupo e con poche attrattive per le classifiche, ma di bei pezzi ce ne sono diversi: dal mancato singolo Grey Street (tutta giocata su un incisivo riff di sax di Leroi Moore), alla toccante ballata Digging A Ditch, fino all'estesa e drammatica Bartender, che racconta i problemi di dipendenza di Dave. La casa discografica spalleggia la scelta della band di disfarsi di questo buon lavoro a causa delle presenza di brani troppo lunghi, jammati e talvolta esclusivamente strumentali (JTR, Kit Kat Jam).

La disintossicazione di Dave Matthews provoca un'evidente voglia di innovare. Lui riprende il congeniale e sorridente ruolo da "Forrest Gump del rock americano" ed imbraccia per la prima volta la chitarra elettrica. Il suo scopo è di fare uscire un album di pop "fintamente semplice", esattamente come facevano i Police venti e più anni prima. Il successo di Everyday (2001 - **) è clamoroso. La DMB, che già da tempo era il live act americano che vendeva più biglietti in assoluto, diventa l'assoluta dominatrice delle classifiche. Il tutto con un sound patinato e con l'acclarata emarginazione di Boyd Tinsley e del suo inseparabile violino. Dello stile della vecchia band ci sono tracce solo nella title track (nata da una costola della vecchia #36) ed in When The World Ends; il resto è invece qualcosa di inedito. Non tutto da buttare, beninteso: per esempio il lentone The Space Between è veramente splendido, così come non dispiacciono l'omaggio al Van Morrison più soul di So Right e la dolce ballata ("hendrixiana" fin dal titolo) Angel. Il singolo I Did It, Sleep To Dream Her, Dreams Of Our Fathers, Mother Father (con ospite uno spento Carlos Santana) e If I Had It All sono quanto di peggio inciso su disco dal gruppo. La conclusiva Fool To Think è una canzone più "policiana" degli stessi Police: un plagio stilistico evidente fin dalla sezione ritmica.

Stanchi della pirateria, i nostri eroi decidono di fare uscire il disco perduto con Steve Lillywhite,

reincidendolo con il nome di Busted Stuff (2002 - ****). Le differenze rispetto all'originale non sono moltissime. L'album funziona e riconcilia con il gruppo molti vecchi fans. Rispetto alla scaletta di quel lavoro mancano Sweet Up And Down, JTR e Monkey Man, mentre vengono aggiunte le peraltro ottime You Never Know e Where Are You Going?. Il suono è invece meno imperfetto delle ruspanti Lillywhite Sessions.

I tempi sono maturi perché Dave Matthews licenzi momentaneamente la band (compresa l'egocentrica star Carter Beauford), per fare uscire il suo primo album da solista. Mette insieme un gruppo con i controfiocchi (Brady Blade alla batteria, Trey Anastasio dei Phish ed il fido Time Reynolds alle chitarre) e realizza un album molto "americano" nei suoni e moderno nelle intenzioni. I punti di riferimento sono Daniel Lanois ed il Robbie Robertson solista. Talvolta in Some Devil (2003 - ***) ci si avvicina al country rock (Trouble, Grey Blue Eyes), altre volte al gospel (Oh, Some Devil - peraltro entrambe non riuscitissime), ma sembra mancare qualcosa. Quando però Dave imbrocca la canzone non ce n'è per nessuno (Dodo, So Damn Lucky, Stay Or Leave oppure la già citata Trouble). L'apice del disco è rappresentato dalla drammatica folk ballad Gravedigger, presentata in due versioni diverse per arrangiamento e spirito, ma entrambe superlative.

La stanchezza della DMB traspare anche dalle tanto decantate esibizioni live. E' dunque normale che il nuovo album non sia portentoso. Stand Up (2005 - ***) da molti viene salutato come un fiasco terribile. Si tratta invece di un disco onesto nel fotografare la non esaltante ispirazione del gruppo. Le tastiere di Butch Taylor ormai fanno parte integrante della band, ma paradossalmente non fanno che togliere ulteriore spazio ai fiati ed al violino. Stand Up è un disco che sembra quasi uno showcase di Carter Beauford (Old Dirt Hill, Stand Up, American Baby, Hello Again), ma le canzoni latitano paurosamente. Veramente significative solo Dreamgirl, American Baby (part I - II), Out Of My Hands e You Might Die Trying; d'altro canto sono invece deludenti Everybody Wake Up (Our Finest Hour Arrives) e Old Dirt Hill (Bring That Beat Back). In Louisiana Bayou partecipa la lap steel di Robert Randolph.

Leroi Moore muore in un tragico incidente in trattore e questa è la molla che spinge Matthews a mettere insieme un gruppo completamente rinnovato. Fuori gioco Butch Taylor, entrano stabilmente in formazione Rashawn Ross (tromba), Tim Reynolds (chitarra elettrica) e Jeff Coffin, formidabile fiatista (sax, flauto traverso) della jam band Bela Fleck & The Flecktones. Big Whiskey & The Groogrux King (2009 - ***1/2) è un sentito omaggio del gruppo a Leori Moore ed alla musica carnevalesca di New Orleans. Ci sono diverse canzoni di ottimo livello tra questi solchi come Spaceman, Squirm, Alligator Pie od il complicatissimo funk intitolato Shake Me Like A Monkey. Ad assegnare a Big Whiskey lo status di disco veramente ben riuscito ci pensano lo splendido singolo Funny The Way It Is, una Lying In The Hands Of God in cui Jeff Coffin fa subito capire di che pasta è fatto e "last but not least" Why I Am, che è l'ultima traccia registrata da Leroi Moore con il gruppo prima dell'improvviso decesso. Proprio il confronto tra lo stile "coltraniano" di Moore e quello "rollinsoniano" di Coffin demarca alla perfezione il confine tra le due versioni della DMB.

Attesissimo dai fans esce nel 2012 Away From The World (***), che ci presenta il gruppo con la stessa formazione del precedente album. Il ritorno dietro la consolle di Steve Lillywhite lascia presagire un ritorno alle atmosfere dell'epoca aurea ed in fondo c'è una parte di verità in questa affermazione. Le grandi latitanti sono però le canzoni di spessore.  

La ballata Mercy, The Riff e Drunken Soldier sono al livello delle parti migliori di Big Whiskey; ci sono invece diverse canzoni che arrancano (il singolo Gaucho, la ballata folk Sweet, Rooftop). Niente di Away From The World è sgradevole, ma spesso la DMB è già riuscita a fare quelle stesse cose meglio in passato (Broken Things, If Only, Snow Outside, Belly Belly Nice).

  Lorenzo Allori