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FRANCO BATTIATO Discografia anni '70-'80

 

Franco Battiato nasce in provincia di Catania nel 1945 e fin da giovanissimo tenta la fortuna con le canzonette. Nonostante la protezione di Giorgio Gaber e la simpatia del Clan di Cementano, i suoi singoli La torre, Bella ragazza, Vento caldo e Marciapiede non riscuotono alcun successo. Franco decide pertanto di cambiare completamente orizzonti musicali. Fa da supporto al tour europeo dell’ultima incarnazione dei Velvet Underground e poi esordisce con uno sbalorditivo album sulla lunga distanza.

  

Fetus (1972 - ****) è album difficile e sperimentale con accenni prog e soprattutto kraut rock. L’anima è mediterranea, ma la forma è teutonica e vagamente hippie. I pezzi forti si chiamano Fetus, Meccanica (con citazione di Bach e dei Pink Floyd di Echoes) e Anafase. L’album riscuote un discreto successo all’epoca, ma viene riscoperto come culto in anni più recenti.

Con il secondo album Pollution (1973 - ***) la sperimentazione viene lasciata un attimo in secondo piano e viene a galla un’anima maggiormente rock. E’ il prog di Peter Hammill il punto di riferimento di un album che alla lunga risulta però noioso. Si ricorda il riff assassino della title track e le curiose sperimentazioni linguistiche di Areknames.

Sulle corde di Aries (1974 - ***1/2) mostra finalmente la vera natura di Battiato. Franco è un cantautore colto ed affascinato da molteplici esperienze musicali. Se passate il paragone è una sorta di Peter Gabriel italiano. Nella prima parte di carriera questo è l’album che più lascia intravedere questo tipo di potenzialità grazie alla debordante suite Sequenze e frequenze e ad altri due gioielli come Da oriente a occidente e Aria di rivoluzione. Si inizia a mormorare di una vicinanza politica al Movimento Sociale Italiano, che peraltro l’interessato sempre negherà. Una cosa è certa: Battiato non è un cantautore allineato con la sinistra italiana dell’epoca.

L’innamoramento per il minimalismo di Stockhausen distoglie Battiato dal pop. Clic (1974 - ***) è il primo esperimento di musica “colta” battiatesca e contiene una sola vera canzone (No U Turn). Per il resto tanta musica simil ambient e nastri registrati (Ethika Fon Ethika) e perfino un mezzo successo di pubblico con la sigla TV (TG2 Dossier) intitolata Propiedad Prohibida.

Mademoiselle Le “Gladiator” (1975 - **) è un noiosissimo album per solo organo registrato dal vivo in Sicilia nella Basilica di Monreale.

Da questo momento inizia un momento veramente pretenzioso della carriera del nostro, che sfodera uno dietro l’altro Battiato (1976 - *), Juke Box (1977 - **) e L’Egitto prima delle sabbie (1978 - *), ipnotici lavori per solo pianoforte o solo violino, che non hanno niente a che fare con la pop music. L’ultimo contiene soltanto due dilatate suite che si limitano a reiterare all’infinito lo stesso accordo di pianoforte, con pochissime variazioni timbriche.

E’ chiaro a tutti che la sperimentazione del maestro è giunta ad un punto di non ritorno. Ecco che Battiato stupisce tutti con un album di canzoni pop. L’era del cinghiale bianco (1979 - ***1/2) rivela al mondo un autore dal talento purissimo, capace di trasportare l’ascoltatore, per mezzo di notevoli “ganci” melodici in oasi di autentica raffinatezza musicale. La title track vede furoreggiare il violino di Giusto Pio, Strade dell’est ripropone un andamento rock che sembrava dimenticato, Magic Shop ed Il re del mondo sono populistiche al punto giusto, tra “i cori per le messe come Amanda Lear” ed “il giorno della fine non ti servirà l’inglese”. Con la deliziosa Stranizza d’amuri, cantata in dialetto siculo, si raggiunge l’apice del disco.

 

Il decennio del trionfo di Battiato si apre con un altro disco ad alto gradimento. Patriots (1980 - ****) veleggia alto nelle classifiche grazie agli azzeccati singoli Up Patriots To Arms e Prospettiva Nevskij, mentre Venezia / Istambul, Le aquile (statue d’acqua) e Frammenti raccontano l’Italia come pochi riescono a fare. Nel frattempo il nostro si prende il lusso di vincere il Festival di San Remo scrivendo per la voce di Alice l’ironica Per Elisa.

 

Ci si aspettava molto da La voce del padrone (1981 - *****), ma non certo un successo clamoroso capace di vendere (unico album della storia della musica italiana) ben un milione di copie. Parrucchieri, giornalisti della RAI e casalinghe di Voghera conoscono a memoria canzoni che parlano di Ulisse ed Euclide. Sette brani, altrettanti singoli che rispondono ai nomi di Cuccuruccuccu, Bandiera bianca, Summer On A Solitary Beach, Centro di gravità permanente, Sentimento Nuevo, Gli uccelli e Segnali di vita. Soltanto il Lucio Battisti di Emozioni è riuscito nella storia ad allineare in un solo disco così tante canzoni di successo.

La grande attesa per il successore de La voce del padrone produce un topolino. L’arca di Noé (1982 - **1/2) non è proprio niente di speciale e la cosa è certificata dal ripescaggio de La Torre (primo singolo degli anni ’60, frutto della poco felice collaborazione con Gaber). L’esodo e Scalo a grado sono profondamente anni ’80, con tanto di orribili sintetizzatori, mentre Radio Varsavia è una bella canzone politica. Ma che importa se il disco non è eccezionale? Tutta Italia è in discoteca a ballare la ruffianissima Voglio vederti danzare.

E’ un Battiato diverso, molto patinato ed elegante e poco nazional popolare, quello che approda a Orizzonti perduti (1983 - **1/2), Ancora una volta si tratta di un album interlocutorio con almeno tre grandi pezzi (La stagione dell’amore, Mal d’Africa e La musica è stanca) ed anche l’imbarazzante testo del singolo Un’altra vita.

 

Mondi lontanissimi (1985 - ***1/2) non è un vero album omogeneo, ma una raccolta di singoli usciti negli ultimi anni, alla maniera del Magical Mystery Tour di beatlesiana memoria. Molte canzoni sono figlie di una recente infatuazione verso le lingue straniere, poiché Battiato sta cercando di sfondare su altri mercati. Ecco allora Chanson Egocentrique, Temporary Road, No Time No Space.

Il meglio però arriva da due canzoni romantiche tra le più belle di tutta la carriera (I treni di Tozeur, L’animale) e dalle orchestrazioni pressoché perfette di Risveglio di primavera.

Periodicamente il formato della pop song tornerà ad andare stretto all’autore. Con Genesi (1987 - **1/2) Battiato si cimenta per la prima volta nell’opera lirica. Non brutto, ma noi lo preferiamo a cantare Bandiera bianca.

Il Battiato cantautore maturo inizia con Fisiognomica (1987 - ***), un album ricco di belle canzoni (E ti vengo a cercare, Fisiognomica, L’oceano di silenzio, Secondo imbrunire) e pure con un singolo di grande successo (Nomadi). Il giudizio stiracchiato risente però nell’indecisione di Battiato tra un sound pesantemente tastieristico e certi passaggi classici di tipo prettamente spiritual – religioso.

La EMI italiana è abbastanza lieta di presentare il primo album dal vivo del cantautore siciliano”. Questo è l’incipit di copertina di uno dei dischi fondamentali della carriera del nostro. Giubbe Rosse (1988 - ****) è un doppio dal vivo in cui scorrono tutte le varie anime di Franco: il canzonettaro (Voglio vederti danzare, Cuccuruccucu, Centro di gravità permanente), l’autore spirituale (L’era del cinghiale bianco, L’oceano di silenzio), lo sperimentatore radicale degli anni ’70 (No U Turn, Sequenze e frequenze). L’album è particolarmente importante per la presenza dell’inedito Giubbe rosse (sorta di Mal d’Africa parte seconda) e per il ripescaggio di alcuni classici regalati ad altri cantanti negli ultimi anni: Alexander Platz (Milva), Mesopotamia (Gianni Morandi, come avrà fatto a cantarla?) e Lettera al governatore della Libia (Giuni Russo, peraltro ospite anche nel live).



 Lorenzo Allori