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Live On Too Many Legs

 Discografia ufficiale dal vivo dei Pearl Jam
 
 

Con l'uscita dell'album dal vivo Live On Ten Legs, l'occasione ci sembra propizia per cercare di mettere un po' di ordine nella cospicua produzione live dei Pearl Jam.

 La storia inizia con il quasi introvabile Dissident (1994 - ****), un album dal vivo, distribuito su tre ep che fotografa una leggendaria performance del gruppo in quel di Atlanta. Per anni i fan dei Jammers si sono dovuti attaccare a questo documento per avere una testimonianza decente di cosa erano capaci di fare i propri beniamini dal vivo. 

Di questa scaletta si ricordano soprattutto azzeccate esecuzioni di Glorified G, Jeremy, Garden, Indifference e Once; ma soprattutto qui è contenuta la più bella versione di sempre di W.M.A. ed una Porch semplicemente stellare (oltre undici minuti di jam chitarristica contenente anche una rara interpolazione con Voodoo Chile di Jimi Hendrix).

Nessuna novità fino all'uscita di Live On Two Legs (1998 - **1/2), disco che manda in bestia giustamente tutti gli estimatori della band di Seattle, sia per la corta durata, sia per l'incomprensibile scelta di sbilanciare il programma verso le ballate. Non bastano Corduroy, il medley Untitled / Mini Fast Car e la cover di Fuckin' Up di Neil Young  (stava su Ragged Glory, uno dei dischi più duri della storia del nostro amato Cavallo Pazzo) a giustificare tale scellerata operazione commerciale.

Con il tour di Binaural i Pearl Jam optano per un'inedita idea promozionale. Tutti (ma proprio tutti) i concerti del tour europeo e di quello americano vengono posti simultaneamente sul mercato a prezzo speciale, in essenziali custodie di cartone. Inaspettatamente l'iniziativa raccoglie un successo incredibile (mi ricordo ancora la Top 30 italiana con in classifica ben 9 album dal vivo dei Pearl Jam). E' veramente difficile parlare diffusamente di una tale mole di produzione concertistica, ma certamente si possono spendere alcune parole per far orientare il neofita. Per prima cosa è giusto notare come in generale il tour europeo del 2000 sia stato uno dei migliori dell'intera carriera del gruppo. I concerti europei mostrano un gruppo in forma splendida che spesso viene sostituito dai pur bravi mestieranti del tour americano. Lo statico e piatto dvd Touring Band, formato interamente da brani provenienti dalle esibizioni americane è una testimonianza di quanto appena detto. Scendendo nel particolare in Europa sono avvenuti i due più bei concerti di quella gloriosa tournée.

Il primo dei due è stato il concerto di Spodek / Katowice (Polonia) del 16 giugno 2000 (****). Il bootleg ufficiale di questo concerto ci mostra un gruppo desideroso di stupire i propri fans con un interessante sound elettroacustico e con l'esecuzione di molti brani desueti. Solitamente i Pearl Jam applicano uno schema fisso alle loro esibizioni: inizio con un brano lento e poi diverse munizioni sparate velocissime fino ad una parte centrale mid tempo (intorno al 7° / 10° brano della scaletta). Nei bis vengono concentrate le hit e le cover più curiose. Questo schema, in quella memorabile serata polacca, viene completamente sovvertito. Il concerto inizia con molte ballate e poi continua su livelli classic rock senza mai sconfinare nella furia del punk. Momenti forti? La migliore versione di Jeremy di sempre (con il pubblico che emozionato inizia a cantare un inno popolare polacco - Sto Lat - dopo gli ultimi accordi di basso distorto), il medley tra Daughter e Another Brick In The Wall dei Pink Floyd, una tostissima Leaving Here (dal repertorio dei primissimi Who, quando ancora si chiamavano High Numbers) e le rarità I Got Shit e Leathermen. Semplicemente spettacolare poi l'inizio con Release, Sleight Of Hand ed Of The Girl.

Il secondo concerto da cerchietto rosso del tour europeo è quello di Milano del 22 giugno 2000 (****1/2). Ancora oggi mi pento di aver scelto di andare a vedere la data di Verona (buona ma niente di più e famosa solo per la presenza delle cover di In The Colisseum di Tom Waits, I Got You degli Split Enz e di un brano quasi mai suonato dal vivo come Pilate) ed essermi perso questa tellurica scossa di energia. A Milano sono i grandi classici a risplendere di luce vera, su tutte Better Man, Smile e Not For You, mentre la potenza del caso viene sfogata con State Of Love And Trust e God's Dice.

Del tour americano, più del sopravvalutato concerto di Seattle del 5 novembre 2000 (l'unico triplo della serie, ma piuttosto loffio), occorre sottolineare la convincente esibizione di Jones Beach (New York) del 25 agosto 2000 (****). Poche volte mi è capitato di sentire una convinzione così alta nei Pearl Jam come nella sequenza iniziale Sometimes / Grievance / Corduroy / Whipping; ma il concerto è anche altro: da una Present Tense in stato di grazia, alla clamorosa cover di Baba O'Riley degli Who. Questo doppio cd ci propone uno dei rarissimi casi in cui il chitarrista Stone Gossard impugna il microfono per cantare la sua Mankind (brano quasi brit pop che stava su No Code).

Per il tour del 2003 i Pearl Jam decidono di cambiare ancora una volta strategia. Tutti i concerti vengono resi scaricabili a prezzo politico sul sito della band, mentre due selezionati dal gruppo vengono posti in vendita nei negozi. E qui la scelta appare perlomeno sconcertante. Il primo dei due live usciti nei negozi è l'esibizione australiana avvenuta in quel di Perth il 23 febbraio del 2003 (**). Si tratta di un concerto pieno zeppo di cover e di brani dell'allora nuovo disco Riot Act. Tra le cover si segnalano con piacere Throw Your Arms Around Me (Hunters & Collectors - destinata a diventare, da allora in poi, un classico dei concerti della band) ed una rabbiosa e rara Fortunate Son dei Creedence Clearwater Revival. Sui brani di Riot Act il discorso si fa più articolato. Siamo in presenza di uno dei dischi più "difficili" e poco immediati dell'intera discografia del quintetto di Seattle. Le canzoni di Riot Act spesso richiedono l'uso delle tastiere o comunque di arrangiamenti più complicati del solito e per questo non è stata particolarmente felice la scelta di pubblicare un'esibizione posta proprio all'inizio del tour mondiale, quando il gruppo non pare affatto rodato ed a suo agio su questo repertorio. Nonostante queste considerazioni risultano piuttosto azzeccate le esecuzioni di You Are e Cropduster.

Il secondo live è invece quel New York, New York (*****) che fotografa lo storico sold out del Madison Square Garden del 9 luglio 2003 (immortalato anche dal dvd At The Garden) e che io considero il più grande concerto della storia della band. Si tratta di un triplo cd dove ci sono numerosi punti caldi: innanzi tutto la partecipazione di un Ben Harper scatenato nel medley Daughter / With My Own Two Hands e nella sempre splendida Indifference; poi un gran numero di brani desueti: Green Desease (mai così convincente), In My Tree (con un arrangiamento nuovo di zecca, che comprende un affascinante assolo di organo), Low Light, Faithfull e Crown Of Thorns (dal repertorio dei Mother Love Bone). E poi come dimenticare le cover. Di With My Own Two Hands abbiamo già detto, ma qui siamo di fronte ad un vero e proprio tributo alla storia del rock n'roll con Sonic Reducer dei Dead Booys, Crazy Mary di Victoria Williams, Baba O'Riley degli Who, Gimme Some Truth di John Lennon ed una commovente Why Can't I Touch You? degli indimenticati Buzzcocks. Chapeau!

 Con Live At Bonaroya Hall (2004 - *****) i Pearl Jam fanno due volte centro: una prima volta perché si tratta di un disco (doppio cd) il cui ricavato viene devoluto interamente in beneficenza ed una seconda volta per l'altissima qualità del concerto. Quello che per molti è semplicemente il "vero" unplugged dei Pearl Jam, è in realtà uno splendido concerto acustico in cui però Mike McCready suona la chitarra elettrica. 
 

Le atmosfere sono già chiare dall'introduttiva Of The Girl e non lasciano dubbi sull'intenzione di creare un sound da "storyteller" in un contesto raccolto. Straordinarie Can't Keep, Down, Black, Immortality, All Or None, Thumbing My Way, Fatal, Man Of The Hour (la più bella del concerto), Dead Man e le cover di 25 Minutes To Go di Johnny Cash e Masters Of War di Bob Dylan. L'unico punto debole di questo album è che i Pearl Jam (con la sola eccezione di Lukin) si dimostrano poco coraggiosi limitandosi a proporre in versione elettroacustica alcune ballate del proprio repertorio, di fatto lasciando quasi inalterati gli arrangiamenti originali.

Live At Easy Street (2006 - ***1/2) ci mostra i Pearl Jam a suonare in un importante negozio di dischi di Seattle. Per motivi misteriosi il concerto viene pubblicato integralmente in dvd e solo in versione ep su dischetto. Le poche canzoni inserite nell'ep ci permettono di ascoltare un gruppo in buona forma supportato in un paio di episodi dal mitico leader degli X, John Doe. L'ep è da sempre preda ambita dei fan più incalliti perché vi sono contenute belle versioni live di Half Full e di Save You ed inoltre tre rare cover punk: New World degli X, Bleed For Me dei Dead Kennedys e The Amerikan In Me degli Avengers.

La versione di Ten del XV anniversario contiene finalmente la registrazione dell'MTV Unplugged (1992 - **) che era disponibile solo su bootleg. Si tratta di materiale prescindibilissimo con però belle versioni quasi "combat folk" di Porch e State Of Love And Trust.

Il cofanetto Live At The Gorge (2007 - ****) ci mostra in sette cd tre concerti integrali suonati dai Jammers, tra il 2005 e il 2006, in un anfiteatro naturale situato nello stato di Washington. Il materiale è imponente e serve sicuramente ad un neofita per rendersi conto della grandezza live raggiunta da questa band. Molto belle soprattutto Sad, Hard To Imagine, Wash, State Of Love And Trust, Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town ed Inside Job, mentre tra le cover si ricordano Little Wing di Jimi Hendrix, I Believe In Miracles dei Ramones, Rockin' In The Free World di Neil Young e I Won't Back Down di Tom Petty.

Live On Ten Legs (2011 - ***1/2) è il secondo live "celebrativo" (con esibizioni tratte dagli ultimi sei anni on the road) ed è l'ideale completamento del deludente Live On Two Legs. Rimane sempre preferibile rivolgersi a concerti integrali della band, ma questo live non è per niente male. Brutali al punto giusto canzoni come Alive, Animal, World Wide Suicide e Porch. Azzeccati i brani dell'ultimo disco Backspacer (in particolare la ballata Just Breathe, ma anche Got Some e Unthought Known). Come al solito destano curiosità le cover scelte dal complesso: Arms Aloft di Joe Strummer & The Mescaleros e Public Image dei P.I.L. Molto meglio di tanti finti album live fatti uscire da altri gruppi.

Con PJ20 (2011 - **1/2) si pone fine alle celebrazioni per il ventennale della band. Si trata di un doppio cd con performance tratte da tutta la carriera poiché è la colonna sonora di un documentario diretto dal grande Cameron Crowe. Un conto è guardarsi il film, un altro è invece ascoltarsi questo album, poiché le versioni delle canzoni dei Jammers scelte per il doppio non sono certo le migliori in circolazione.  
Ottimo comunque il duetto con Neil Young sulle note di Walk With Me, un brano facente parte del recente lavoro del canadese intitolato Le Noise.
 Lorenzo Allori