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METALLICA Discografia

 

Nel 1981 tre ragazzi appassionati della NWBHM (soprattutto Diamond Head) e dei Motorhead decidono di fondare un gruppo destinato a cambiare per sempre la storia del metallo pesante. Sono il batterista Lars Ulrich (ex stella del tennis giovanile danese) ed i chitarristi James Hetfield e Dave Mustaine. Dopo alcune traversie ed un trasferimento di sede da Los Angeles a San Francisco, vengono raggiunti dall’eccezionale bassista Cliff Burton. I continui litigi tra Hetfield e Mustaine fanno allontanare quest’ultimo (che fonderà i cruciali Megadeth) durante la registrazione dell’album d’esordio. Dave Mustaine viene sostituito dal raffinato solista Kirk Hammett, proveniente dai concittadini Exodus. I Metallica sono tra i responsabili dell’indurimento e della velocizzazione del metal e sono la punta di diamante della fiorente scena thrash metal californiana.

 Il primo disco si intitola Kill ‘Em All (1983 - ***1/2) ed è una scheggia velocissima che fissa le regole fondamentali del thrash metal. Musica assordante imparentata con NWBHM e hardcore punk ed inoltre testi abbastanza stupidi che inneggiano alla violenza.

Il singolo Hit The Lights (con ancora Mustaine alla chitarra solista) sposta un po’ più oltre il livello della furia musicale conosciuta fino a quel momento, ma viene ben presto doppiato da Whiplash, The Four Horsemen (poi incisa con altro titolo anche dai Megadeth) e Metal Militia. La voce di Hetfield è ancora molto acerba, ma riesce comunque a rendere un inno intergenerazionale la lunga Seek And Destroy. La bravura di Burton viene sottolineata nella monumentale canzone strumentale Pulling Teeth (Anesthesia).

Passa appena un anno, ma sembra un’eternità ascoltando il successivo Ride The Lightning (1984 - *****), un disco che dimostra la raggiunta maturità della band. Le canzoni rallentano leggermente la propria corsa, ma ne guadagnano in profondità espressiva (molto belli anche i testi) ed in complessità. Gli amanti del puro thrash metal trovano ovviamente ancora pane per i loro denti con Fight Fire With Fire, Ride The Lightning e Creeping Death, ma ci sono anche interessanti sviluppi di tipo diverso. Innanzi tutto la splendida For Whom The Bell Tolls è un vero brano heavy senza essere iper veloce, poi c’è spazio per una ballata (Fade To Black) e per un brano simil pop (Escape). La strumentale The Call Of Ktulu mette in mostra poi un’epicità che starebbe bene in un qualsiasi disco di power / prog metal.

Per molti Master Of Puppets (1986 - ****) è il disco migliore del gruppo. Io non la penso esattamente così poiché si tratta di una album troppo derivativo rispetto al precedente, che era quello realmente innovativo. Sta di fatto che questo album proietta i Metallica nelle classifiche di mezzo mondo e dona agli amanti del metal almeno tre brani indimenticabili: l’iniziale furibonda Battery, la lunga ed articolata title track e la splendida strumentale Orion. Per il resto Welcome Home (Sanitarium) è una ballata che ricalca lo stile di Fade To Black senza raggiungerne l’emotività, Damage Inc. è un esercizio di tecnica che sfocia nel progressive. Francamente prolissa The Thing That Should Not Be, la prima canzone veramente debole del repertorio.

Il bassista Cliff Burton muore in Svezia in un tragico incidente stradale e viene sostituito dallo sconosciuto Jason Newsted. I Metallica tornano immediatamente sul mercato con l’ep Garage Days Re-Revisited (1987 - **), con il quale reinterpretano sei brani hardcore punk. Si segnala solo l’entusiasta rilettura della Last Caress dei Misfits.

Jason Newsted non ha lo spessore per imporre le proprie idee ai due leader Hetfield e Ulrich, per questo ….And Justice For All (1988 - ***) è un mezzo fiasco. Il gruppo decide di mixare le canzoni in modo che la batteria e le chitarre siano predominanti rispetto alle parti di basso. Ne viene fuori un disco con un suono che definirei leggermente ottuso. Le canzoni sono poi spesso troppo complicate per interessare i fan del thrash metal. 

Comunque la power ballad One e Harvester Of Sorrow sono due capolavori. Meriterebbero la chanche di una nuova produzione anche Blakened, ….And Justice For All, Eye Of The Beholder e la strumentale To Live Is To Die (l’ultimo pezzo registrato prima della scomparsa di Burton).

Con il nuovo decennio le fortune commerciali del thrash metal sono agonizzanti. Anche per questo i Metallica si affidano al produttore Bob Rock, un’autorità in ambito di hard rock commerciale, essendo l’uomo dietro al successo dei Motley Crue. Ne esce il primo disco metal ad aver venduto sedici milioni di copie nei soli Stati Uniti. Si intitola Metallica, ma molti lo definiscono Black Album (1991 - ****) per la nerissima copertina. I fans del thrash metal gridano al tradimento (ma verranno presto ripagati della stessa moneta anche da Megadeth ed Anthrax), ma questo è veramente un signor disco, senza se e senza ma. I riff di Enter Sandman, Sad But True e Holier Than Thou sono registrati in maniera superlativa e le ballate Nothing Else Matters e The Unforgiven avvicinano al gruppo anche un pubblico mainstream che ancora non li conosceva. Qua e là ci sono altre raffinatezze compositive: dal sitar di Whenever I May Roam, al basso darkeggiante di My Friend Of Misery, fino al sussulto thrash di Through The Never.

Il gruppo si impegna in un lunghissimo tour mondiale che porta lo stress alle stelle. Dalla data di Mexico City viene tratto il doppio dal vivo Live Shit: Binge And Purge (1993 - ***1/2), che inizia come una bomba con la sequenza Enter Sandman / Creeping Death / Harvester Of Sorrow, ma poi si perde dietro a cover non sempre azzeccate ed alla ripetitività di certi tic di Hetfield ed Ulrich. Seek And Destroy non può sfiorare i quindici minuti senza suscitare qualche sbadiglio.

Dopo un sacrilego taglio di capelli ed un’ulteriore ripulita in direzione pop i Metallica tornano con Load (1996 - ***1/2). Si tratta di un bel disco, ma ormai è assolutamente fuori luogo, non tanto parlare di thrash, ma anche solo pensare al metal. Ancora una volta le vendite premiano la scrittura del duo Hetfield / Ulrich e la produzione levigata di Bob Rock. Le ballate questa volta sono The House Jack Built, Until It Sleeps e Mama Said, ma nessuna di queste è al livello di quelle del disco precedente. Un po’ più dure 2X4, Bleeding Me e Wasting My Hate, mentre Hero Of The Day è il compimento di un discorso pop iniziato tanti anni prima con Escape, di cui è discendente diretta.

Dopo appena un anno e con gli scarti delle sessions del disco precedente (checché ne dicano i signori Metallica) esce il deludente Reload (1997 - **). Le caratteristiche del lavoro gemello qui sono amplificate con la presenza di Marianne Faithfull nell’orecchiabile singolo The Memory Remains e con l’atmosfera addirittura folk dell’orribile Low Man’s Lyric. Si salvano solo le potenti Fuel e Devil’s Dance (con quest’ultima che dona finalmente il meritato spazio al trascurato Newsted). Meglio stendere un velo pietoso su The Unforgiven II.

I Metallica sono talmente popolari che possono permettersi di veder arrivare al primo posto un doppio cd di cover. Succede con Garage Inc. (1998 - ***1/2) in cui vengono riproposte le tracce dell’ormai introvabile ep del 1987 con l’aggiunta di molto altro materiale. Grande spazio per Motorhead e Mercyful Fate, ma a sorprendere sono le insospettabili cover di Thin Lizzy (Whiskey In The Jar), Nick Cave & The Bad Seeds (Loverman) e Bob Seger (Turn The Page). Molto bella la versione vitaminizzata del classico Astronomy dei Blue Oyster Cult.

Come ogni tanto succede ai gruppi heavy metal, anche i Metallica vengono presi dalla tentazione di registrare un disco dal vivo con l’accompagnamento di un’orchestra sinfonica. Anche grazie alla bravura di Kirk Hammett alla chitarra solista ed agli arrangiamenti scritti da Michael Kamen per la filarmonica di San Francisco, S & M (1999 - ***1/2) non è affatto male. Forse il materiale non meritava un doppio album e l’inedito No Leaf Clover fa abbastanza schifo, ma il repertorio regge al peso di così tanta pomposità. Dovrebbero però pagare le royalties agli Apocalyptica.

A questo punto inizia il periodo più negativo per i Metallica, che perdono Jason Newsted (sostituito dall’ex Suicidal Tendencies Mike Trujillo) e quasi perdono anche James Hetfield finito in cura per disintossicarsi dall’alcolismo. Nel frattempo Lars Ulrich inizia la sua personale guerra contro Napster e la pirateria informatica, che forse avrà salvato gli incassi del singolo I Disappear (2000 - colonna sonora del film Mission Impossible II), ma di sicuro gli ha alienato le simpatie di milioni di fans.

  

Nonostante Bob Rock sia sempre più parte integrante del gruppo, l’album successivo vede un deciso ritorno verso la primigenia aggressività del thrash metal. St. Anger (2003 - **1/2) è però un disco registrato malissimo con canzoni brutte e troppo lunghe. A stupire in negativo è soprattutto il suono della batteria di Ulrich che sembra costantemente un picchiatore di fustini di detersivi. Non male Some Kind Of Monster ed accettabili Frantic e la title track.

Dopo qualche anno di rafforzamento del sound e degli intenti, il gruppo sottolinea ancora di più la componente thrash metal con l’album Death Magnetic (2008 - ****). Effettivamente questo disco riporta la musica dalle parti di Master Of Puppets ed ….And Justice For All. Canzoni lunghe ed articolate con un suono spesso spettacolare e continui cambi di tempo. Cyanide ed All Nightmare Long sono da annoverare tra i capolavori assoluti dei Metallica, ma anche The End Of The Line e Suicide & Redemption sono ad altissimo livello. Delude solo l’ennesima riproposizione della saga di The Unforgiven (The Unforgiven III).

The Big Four Live In Sofia (2010 - ***1/2) racconta in cinque cd e due dvd il magico incontro su un palco dei quattro grandi protagonisti dell’originaria scena thrash metal: Metallica, Megadeth, Anthrax e Slayer. I Metallica sono ovviamente le grandi star della serata e dimostrano come il repertorio di Death Magnetic (semplicemente strepitosa All Nightmare Long) sia assolutamente al livello dei grandi classici degli anni ’80.

Dopo anni di attesa nel 2011 esce, in formato doppio cd, l’album Lulu (***1/2), che documenta l’incontro in studio tra Lou Reed ed i Metallica. Non c’è traccia di thrash metal in queste canzoni, ma i Metallica rockano da par loro, come potrebbe fare un gruppo di classic heavy metal. Sembrerebbe improbabile, ma l’unione tra la potenza squassante della musica e l’arrogante parlantina di Lou Reed funziona alla grande. Molto meglio dell’incontro tra Neil Young ed i Pearl Jam di qualche anno fa, tanto per fare un esempio noto ai più. Da segnalare in particolare Cheat On Me, Iced Honey, la chilometrica Junior Dad ed il singolo The View. Questo è comunque uno dei casi in cui l’insieme è talmente monolitico da non lasciare molto spazio alle singole canzoni.

Through The Never (2013 - ***) è la colonna sonora di un documentario che celebra il trentesimo anniversario dall'uscita di Kill ‘Em All. A parte qualche scelta inaspettata nella scaletta (la conclusione con una gigantesca versione di Orion), non ci sono grandi motivi per comprare l'ennesimo live album dei Metallica i quali, come tutti i gruppi metal, tendono a ridurre al minimo lo spazio di improvvisazione all'interno dei loro concerti.

 
  Nella sua poderosa versione deluxe, Hardwired.....To Self-Destruct (2016 - ***) è addirittura un triplo cd pieno di idee, ma quasi mai portate a termine in modo del tutto convincente. I Metallica cercano di replicare le soluzioni simil prog di ...And Justice For All, ma sembrano oggi tecnicamente non all'altezza del compito che si sono prefissi (soprattutto per quanto riguarda la sezione ritmica).

In questo album piacciono soprattutto i pezzi più tirati e di chiara derivazione thrash metal. Tra questi occorre sicuramente ricordare la fenomenale Spit Out The Bone (da quanti anni i Metallica non sfornavano una tale prelibatezza?), ma anche Hardwired, Dream No More e Now That We're Dead riescono a fare la loro figura. I mid tempo e le mini suite invece non sono allo stesso livello e nemmeno sono esenti da critiche certi espliciti richiami al sound della New Wave Of British Heavy Metal ed in particolare a quello dei prediletti Diamond Head (Moth Into Flame). Questa classicità metal ritorna nel terzo cd (presente solo nella versione deluxe), con ben quattro cover dei Rainbow fuse nel già noto Ronnie Rising Medley (comunque sempre un bel sentire) e con una corretta rilettura della power ballad Remember Tomorrow, tratta dal primo album degli Iron Maiden. Ci sono poi un paio di prescindibili inediti ed una serie di pezzi dal vivo, ovviamente quasi tutti tratti dai potenti album degli anni '80.

 

 Lorenzo Allori