On Air Stiamo trasmettendo:
The Golden Age

Parola di DJ

newsletter
Vuoi essere informato su tutte le novità di Radiogas?
Iscriviti alla nostra newsletter
Scrivi la tua email



PRIMAL SCREAM Discografia

I Primal Scream, band di punta della scena alternative rock scozzese, dotati di un nome che è un chiaro omaggio a John Lennon, si formano a Glasgow nel 1982. Per i primi anni l'attività del gruppo è saltuaria ed incostante poiché il leader e cantante Bobby Gillespie è anche il batterista dei più famosi Jesus & Mary Chain. Dal 1986 decide però di dedicarsi totalmente alla propria creatura, lasciando i fratelli Reid preda dei propri deliri noise pop.

Il primo album si intitola Sonic Flower Groove (1987 - **1/2) ed ha un approccio molto americano, ma anche vicino alle trame chitarristiche di Johnny Marr degli Smiths. Gentle Tuesday ed il singolo Velocity Girl inconsapevolmente anticipano il movimento di "Madchester", ma Gillespie è molto più ambizioso di Happy Mondays e compagnia cantante.

Il sodalizio tra Bobby Gillespie ed il chitarrista Andrew Innes si cementifica ancora di più con il secondo disco Primal Scream (1988 - **), che risulta però ancora peggiore del modesto esordio. La band scozzese sembra molto indecisa sul percorso da intraprendere. Avanguardia o tradizione? Una cosa è certa: i Primal Scream possiedono una solida base psichedelica, che mostreranno a più riprese durante la loro lunga carriera.

Mentre a Manchester seminano, i Primal Scream raccolgono i frutti con il formidabile Screamadelica (1991 - ****1/2), ovvero il perfetto connubio tra rock psichedelico, soul, scena dance e post punk. Tutto funziona alla perfezione in un album che trabocca di pietre miliari che rispondono ai nomi di Movin' On Up (esplicito debito verso il Curtis Mayfield solista), Slip Inside This House, Come Together e I'm Comin' Down. Chissà se il grande decennio dell'elettronica britannica (gli anni '90) sarebbe stato tale senza un singolo del valore di Loaded? Non ne avremo mai la certezza, resta il fatto che Screamadelica è il secondo album che gli Stone Roses non ebbero mai il coraggio di fare.

  Per chi c'era fu un vero e proprio shock. Give Out But Don't Give Up (1994 - ***) raffreddò il ferro incandescente di Screamadelica, portando i Primal Scream sul terreno di un rock garagista piuttosto convenzionale. La bandiera confederata in copertina racconta molto dell'album più americano della band scozzese; un disco in cui l'elettronica è completamente assente. La musica è l'esatta via di mezzo tra gli Stooges di Fun House ed i Rolling Stones di Some Girls.

La bellezza di brani come Jaibird, Rocks, Funky Jam o Struttin' non riuscirono a mitigare la delusione. Producono miti del southern rock come Tom Dowd e Jim Dickinson e fa perfino una comparsata in studio George Clinton (leader di Funkadelic e Parliament).

Il sodalizio con Mani, bassista e motore ritmico dei disciolti Stone Roses, è alla base del successo del successivo album Vanishing Point (1997 - ****). Gillespie ed i suoi spingono nuovamente sull'acceleratore, ricominciando a mischiare elettronica e rock psichedelico. Ne viene fuori un disco di autentica alienazione e disperazione, che non viene ricordato come un capolavoro assoluto solo perché, quasi contemporaneamente, i Radiohead fanno uscire il mitico OK Computer. L'apice del disco si intitola Kowalski, ma anche Burning Wheel, Stuka e Trainspotting (colonna sonora dell'omonimo film) sono straordinarie. Desta curiosità la scelta di coverizzare Motorhead degli Hawkwind. Questo album verrà completamente remixato in salsa dub dal produttore Adrian Sherwood con il titolo di Echo Dek.

Ormai lo stato di grazia perdura e XTRMNTR (2000 - ****) è ancora più votato del predecessore verso un'estetica drogata che ha pochi uguali nella storia del pop britannico. Ancora più elettronica e funk danzereccio che rock in questo album, che riesce però ad essere sommamente aggressivo in episodi come Accelerator, Exterminator o nel capolavoro Swastika Eyes. Collaborano i Chemical Brothers e si sente.

La crescita artistica rallenta con Evil Heat (2002 - ***1/2), comunque un buon album che guarda con curiosità alle melodie di Scott Walker e soprattutto al rock teutonico degli anni '70 (Miss Lucifer, Autobahn 66). Semplicemente stellare la cover di Some Velvet Morning, scritta tanti anni prima da Lee Hazlewood per la voce di Frank Sinatra.

Il ritorno al rock n'roll stradaiolo e politicizzato, che aveva caratterizzato Give Out But Don't Give Up, si concretizza con l'alterno Riot City Blues (2006 - **1/2). Questa volta il punto di riferimento sono gli MC5, ma le canzoni non sono certo all'altezza delle aspettative, come testimoniano i modesti singoli Country Girl e Dolls (Sweet Rock And Roll).

Con Beautiful Future (2008 - ***) Gillespie e Innes si separano da Mani rispolverano lo stile psichedelico dei primi due album. Il disco è carino e ben suonato, ma fa parlare di sé quasi solo per la presenza di ospiti prestigiosi come Linda Thompson e Josh Homme dei Queens Of The Stone Age; non propriamente un bel segno.

Dopo anni in cui soltanto i fans giapponesi avevano potuto godere di una testimonianza su disco dei leggendari concerti degli Scream, Bobby decide di fare uscire ben due album dal vivo. Screamadelica Live (2011 - ***1/2) è l'esatta riproposizione dell'album più famoso del gruppo. Molto meglio il triplo cd + dvd Black To Comm (2011 - ****), che vede sullo stesso palco i Primal Scream ed i membri sopravvissuti degli MC5 di Detroit. E' quasi un passaggio di testimone sulle note di un rock incendiario come non mai.

Lo status di grandi classici del brit pop, ormai acquisito dagli Scozzesi, viene confermato dal poderoso More Light (2013 - ****), un album in cui Gillespie si diverte a riassumere la sua incredibile poliedricità musicale. Si inizia con 2013, che sfoggia un sax malandrino che fa molto Psychedelic Furs, poi River Of Pain ci riporta ale consuete atmosfere malate dei Primal Scream.
 

Il meglio lo si ha con le elaborate Elimination Blues, Turn Each Other Inside Out e Relativity; mentre la conclusiva It's Alright, It's OK è l'unica buccia di banana su cui scivolare, essendo una copia carbone di certe "buone vibrazioni" di Screamadelica. Sono ospiti Kevin Shields dei My Bloody Valentine e addirittura mr. Robert Plant. Nel Mount Rushmore del brit pop ci sono di diritto Beatles, Rolling Stones, Who, Kinks, XTC, Jam e Smiths; e se i Primal Scream di Bobby Gillespie fossero l'ottava faccia che stanno scolpendo proprio adesso? Meditate gente.

                           
  Siamo da tempo abituati alla qualità incostante dei dischi dei Primal Scream ed anche ai loro scarti stilistici, Chaosmosis (2016 - **) è però troppo brutto per essere attribuibile a Bobby Gillespie & soci. Fin dalle note iniziali di Trippin' On Your Love si capisce che si vorrebbe ricreare la magia di Screamadelica (l'arpeggio di chitarra insiste infatti sugli stessi accordi dell'indimenticata Movin' On Up).

Nel 2016 però l'acid house non è un genere per carbonari inziiati come lo era all'inizio degli anni '90 ed anche il matrimonio tra rock e dance non è certo oggi cosa inedita. Chaosmosis è pieno di riempipista e nemmeno di quelli memorabili. Se proprio se ne deve salvare uno, la scelta cadrebbe su 100% Or Nothing. Senza dubbio il peggior album della band scozzese.

  Lorenzo Allori