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SOUNDGARDEN Discografia

  

I Soundgarden nascono a Seatlle nella seconda metà degli anni '80 per effetto dell'incontro tra Chris Cornell (batteria e voce), Hiro Yamamoto (basso) e Kim Thayil (chitarra). Ben presto il gruppo si trasforma in quartetto con l'arrivo di Matt Cameron (batteria) e lo spostamento di Cornell alla seconda chitarra.

 

La formazione esordisce con gli ep Screaming Life (1987 - ***) e Fopp (1988 - ***), in cui si nota poca abilità nel produrre canzoni di successo, ma in compenso un'intensità degna dei migliori gruppi hard rock del decennio precedente. Nothing To Say e Fopp sono due canzoni che vengono notate dagli ascoltatori più attenti.


Notevoli ammiccamenti al crossover ad alto tasso energetico dei Jane's Addiction caratterizzano il primo vero album intitolato Ultra Mega OK (1988 - ***1/2). I Soundgarden riportano in scena il teatrino del rock dei bei tempi, con messaggi subliminali, urla belluine ed assoli fino ad allora ignoti all'alternative rock americano. Anche John Lennon ed il bluesman Howlin' Wolf sono omaggiati da una band la cui ascesa è vertiginosa. In mezzo a tutto ciò viene pubblicata come singolo una sorprendente cover di Thank You di Sly & The Family Stone.

Louder Than Love (1989 - ***1/2) è la conferma che il gruppo fa sul serio. Loud Love e Hands All Over fanno per la prima volta capolino nella classifica dei singoli più venduti d'America. Pochi però potrebbero prevedere quello che succederà di lì a poco nella scena musicale di Seattle.

Yamamoto lascia in aperto contrasto con il resto del gruppo, fondando una splendida, ma poco considerata band di "prog grunge" chiamata Truly. Il suo posto nei Soundgarden viene preso da Ben Shepard, ottimo bassista, ma soprattutto straordinario scrittore di canzoni. Gran parte degli arrangiamenti più originali che la band sfornerà da ora in poi saranno infatti frutto della collaborazione tra il nuovo bassista ed il chitarrista Kim Thayil.

Bad Motor Finger (1991 - ****) è album maestoso, che soffre soltanto un poco dell'immane distanza tra i brani più belli e quelli meno riusciti. Alla prima categoria si iscrivono di diritto gli accenni industrial di Jesus Christ Pose, il simil punk di Face Pollution, la sarabanda chitarristica carica di effetti di Rusty Cage, gli accenni sabbathiani di Room A Thousand Years Wide e Slaves And Bulldozers ed infine anche le prime due power ballad del repertorio: Outshined e Searching With My Good Eye Closed.

Dopo il successo di Bad Motor Finger, i Soundgarden licenziano la terrificante mazzata metal intitolata Birth Ritual, inserendola nella colonna sonora del film esordio di Cameron Crowe intitolato Singles. Nella stessa colonna sonora Chris Cornell ci delizia con la ballata Seasons, in cui dà sfogo a tutto il proprio amore per i Led Zeppelin più folkeggianti.

Nonostante l'esplosione del grunge, resta una vera sorpresa che i Soundgarden, con la loro musica difficile e spigolosa, possano raggiungere il numero uno della classifica di Billboard. Questo succede con il leggendario Superunknown (1994 - *****), che per molti fan della prima ora è troppo commerciale, ma che invece rappresenta la sinfonia rock che meglio fotografa gli anni '90. Pur producendo alcune (invero ottime) ballate che diventano grandi successi (Black Hole Sun, Fell On Black Days, The Day I Tried To Live), i Soundgarden non arretrano di un millimetro nel loro modo senza compromessi di intendere la musica. Spoonman, Mailman, My Wave, Superunknown ed il blues malato di Head Down entrano nelle case di milioni di ascoltatori ignari come un malefico virus di intelligenza superiore.

Mentre Chris Cornell, ormai riconosciuto unanimemente come una delle voci più convincenti della sua generazione, ha in serbo l'inizio di una carriera solista decisamente spostata verso il pop, i Soundgarden reagiscono al successo clamoroso con un album molto duro e reverente verso l'hardcore punk dei Black Flag del periodo successivo a My War. I poveri acquirenti del disco cercano senza successo la "nuova Black Hole Sun" dentro le intransigenti colate laviche di Down On The Upside (1996 - ***1/2). Forse la sola Zero Chance replica la formula della power ballad epica, mentre il resto della scaletta batte strade impervie e non conosciute (il quasi ambient di Applebite, le stranezze assortite di Tighter & Tighter, il bluegrass velocissimo di Ty Cobb o il tristissimo requiem di Boot Camp). I singoli Pretty Noose, Burden In My Hand e Blow Up The Outside World vendono bene, ma è inutile nascondere che la band sembra veramente infastidita dal successo, tanto da sfuggirlo ad ogni costo.

Al termine di questo tour il gruppo si scioglie. Matt Cameron diventa il batterista dei Pearl Jam dopo una brevissima esperienza negli Smashing Pumpkins, Kim Thayil inizia una serie di collaborazioni con scarsi esiti commerciali (rimane famosa solo quella con i concittadini Presidents Of U.S.A.) e Chris Cornell si dedica alla carriera solista interrotta dalla ricca (ma sostanzialmente deludente) parentesi del supergruppo Audioslave, creato insieme ai tre quarti "suonanti" dei Rage Against The Machine.

Il tour del 1996 viene documentato dall'album dal vivo Live On I-5 (***), un disco che conferma il disagio del gruppo sul palco, solo mitigato dalla buona riuscita dei brani più potenti estratti da Bad Motor Finger (ottima in particolare Slaves And Bulldozers).

Sfruttando una piccola pausa dell'attività dei Pearl Jam (di cui Matt Cameron rimane il batterista), i Soundgarden tornano in sella con King Animal (2012 - ***1/2). Il periodo d'oro del gruppo è irrimediabilmente alle spalle, ma in questo album il quartetto ribadisce quanto di buono fatto vedere nella prima parte di carriera.
 

Been Away Too Long, By Crooked Steps, A Thousand Days Before, Rowing ed il singolo Non-State Actor ci fanno tornare piacevolmente indietro a quei momenti in cui questo tipo di musica era il mainstream. Caspita, sembra veramente passato un secolo o giù di lì!

 

 
Echo Of Miles: Scattered Tracks Across The Path (2014 - ****) è un bel cofanetto in tre cd che allinea b-side, rarità, tante cover (un intero cd), demo ed inediti live. La qualità generale è altissima, sia quando si affrontano canzoni relativamente già famose (Birth Ritual o la cover di Thank You di Sly & The Family Stone), sia quando il materiale è più oscuro e dal piglio decisamente underground.

Da questa scaletta emerge sicuramente il lato più genuinamente hard rock del quartetto, con l'apice rappresentato dal gioiello Toy Box (risalente addirittura al 1989).

  Lorenzo Allori