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MULHOLLAND DRIVE

DI: David Lynch (USA-Francia, 2001)
CON: Naomi Watts, Laura Elena Harring, Justin Theroux, Ann Miller, Robert Forster


Come descrivere i film di David Lynch in maniera normale o guardarli in maniera normale?
Non è possibile. O li guardi in stato di ebbrezza e allora, forse, potrai capirci qualcosa, oppure se sei in condizioni mentali nella norma, rischi di sdegnarti perché è troppo anormale per te.

Forse è vero. Perché Lynch, dietro la sua macchina da presa, con le sue carrellate silenziose e i suoi primissimi piani allucinanti, si diverte come un matto a prenderci per in giro, convinto che chi guarderà un suo film tenterà di capirci qualcosa senza riuscirci, dato che, di solito dopo un'oretta, ci rinunci perché sei stato travolto dai dialoghi, immagini e personaggi strani e inquietanti. Ma è questo il bello dei suoi film: guardarli e non capirci niente o quasi perché sei troppo occupato a goderti le immagini, i colori, i dialoghi e personaggi che solo a vederli non li dimentichi più finché campi. È esattamente anche il caso di questo film.
 


Uscito nelle sale nel 2001, questo nuovo film di Lynch venne accolto dai suoi fan e non solo come un nuovo capolavoro. Fu candidato all'Oscar per la miglior regia (ovviamente non vinse) e vinse il premio per la miglior regia al festival di Cannes (ex-aequo con L'uomo che non c'era di Joel Coen). Mulholland Drive è un tipico film alla Lynch.
  Per certi aspetti molto simile ad un suo precedente film Strade Perdute per l'impossibilità di stabilire chi è il protagonista, per alcuni misteri mai svelati (Lynch si diverte ad accumulare misteri e strani fatti l'uno dietro l'altro, creando confusione nello spettatore), le brevi apparizioni di personaggi chiave stranissimi e inquietanti, la linea narrativa che dopo un po' va per conto suo secondo la propria logica, la contrapposizione di luci e colori vari che rendono le immagini sempre più stranianti. Ambientato ad Hollywood, tutto ruota intorno a queste due donne protagoniste (?) una che ha perso la memoria e un'altra aspirante attrice, ad un regista che è obbligato a scritturare una certa attrice per il suo film da ordini superiori, il cowboy...basta non vi dico altro.
Guardatelo e non chiedetevi il perché sta succedendo qualcosa. Succede e basta.
Ma ne siamo sicuri?
Lasciatevi trasportare da David Lynch, il regista che non deve mai dare spiegazioni, nel suo mondo di incubi trasferiti alla realtà e che si mescolano con essa senza poterli distinguere, con improvvise apparizioni e colpi di scena. Ogni suo film è come la rappresentazione filmica di incubi, paure, fobie, perversioni mentali che ricoprono trame e situazioni a prima vista fin troppo normali.
Italo Calvino diceva che la fantasia è come la marmellata: bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane (quindi una base solida), se no rimane come una cosa informe, su cui non si può costruire niente.
Più o meno sono così i film di Lynch. Anche se lui va oltre.
Non si tratta di fantasia inventata. Sono paure e inconsci reali che però da noi normali sono visti come qualcosa di trascendentale e impalpabile. Per Lynch no. Essi sono ben visibili anche nella realtà e si fondono con essa.
Guardate (e riguardate) questo film da soli o, ancora meglio, in compagnia. Se siete dei cinefili verranno fuori delle discussioni piuttosto lunghe.

Però almeno una domanda sul film gliela vorrei fare: 'Che diavolo significano quei vecchietti schifosi?!'

Mirko Ciardi Per commenti: mirko.metal@yahoo.it