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AMBROISE AKINMUSIRE The Heart Emerges Glistening

 

Genere: jazz

Provenienza: USA

Anno / Etichetta: 2011 / Blue Note

Voto ***1/2

Brani: Confession To My Unborn Daughter / Jaya / Henya Bass Intro / Henya / Far But Few Between / With Love / Regret (No More) / Ayneh (Cora) / My Name Is Oscar / The Walls Of Lechuguilla / What’s New / Tear Stained Suicide Manifesto / Ayneh (Campbell)

 

Ambrose Akinmusire (tromba), Walter Smith III (sax tenore), Gerald Clayton (pianoforte) Harish Raghavan (contrabbasso), Justin Brown (batteria).

 

 

Scoperto dal pianista Jason Moran, forte di alcune importanti collaborazioni con Steve Coleman, Joshua Redman, David Binney e l’altro pianista rivelazione Vijai Iver, di questo giovane trombettista californiano sentiremo parlare per un po’. Nel 2007 Ambrose Akinmusire (si pronuncia ah-kin-moo-sir-ee) vince il prestigioso premio Thelonious Monk International Jazz Competition, tra i cui giudici figurano gente del calibro di Clark Terry, Roy Hargrove e Quincy Jones.

Poi in giro per gli States e in Europa in tour e collaborazioni varie. Arriva nel 2011 questo disco per la rinnovata Blue Note. Una sorta di poetica del giovane musicista. Tredici brani quasi tutti originali, salvo What’s New, inteso soprattutto come tributo all’ispiratore di molti trombettisti moderni, Clifford Brown.

Niente da dire al riguardo della padronanza tecnica dello strumento. Il fraseggio si sviluppa a più riprese con intensità, talvolta diventa rabbioso, vicino a sonorità free, anche se il sentiero guida rimane un moderno Bop, farcito di libertà e guizzi nervosi in linea con i nostri tempi. Le atmosfere godono di un elevato carico di tensione, a tratti meditata, altrove più energica.

Non si tratta solamente di un album manifesto del modo di approcciarsi al jazz da parte di un giovane promettente musicista, ma vuole essere anche un messaggio di impegno, una sorta di  esserci in qualità di testimone del tempo attuale. Un brano pieno di questa convinzione è quel My Name Is Oscar dedicato ad un giovane, Oscar Grant, disarmato, ma ucciso da un poliziotto nel 2009, nella città di Ambrose, Oakland.

In What’s New i toni sono più dolci, elegiaci e il suono della tromba torna ad essere rotondo e fluido. Il duetto con Gerald Clayton al pianoforte rimane qualcosa di toccante. Jason Moran fa capolino nel brano Tear Stained Suicide Manifesto.

Non è un lavoro che farà saltare sulla seggiola al primo ascolto. Molte delle linee suonate sono già conosciute. Si tratta piuttosto di cominciare a lasciare un segno importante sulla scena attuale. Una sorta di testimonianza di ciò che sta accadendo oggi negli Stati Uniti.

 

Due sono i musicisti del gruppo che contribuiscono ad elevare l’impatto emotivo del disco: il pianista Gerald Clayton e il sassofonista Walter Smith III.

 

E’ un lavoro che vorrebbe essere di ampio respiro, dove gli interventi melodici smorzano solo in parte il senso di energia e dinamismo che si respira. Si tratta di un ascolto attento, ma non propriamente rilassante.

 Marco Milanesi