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Charlie Mingus - The Black Saint And The Sinner Lady

 Le "pietre miliari Jazz" di Radiogas 
 

Anno di pubblicazione: 1963

Brani:

Part 1 (Track A - Solo Dancer - "Stop! Look! And Listen, Sinner Jim Whitney")

Part 2 (Track B - Duet Solo Dancers - "Hearts' Beat and Shades in Physical Embraces")

Part 3 (Track C - Group Dancers - "Soul Fusion Freewoman and Oh, This Freedom Slave Cries")

Part 4

Mode D - Trio and Group Dancers - "Stop! Look! And Sings Songs of Revolution!"

Mode E - Single Solos and Group Dance - "Saint and Sinner Join in Merriment on Battle Front"

Mode F - Group and solo Dance - "Of Love, Pain and Passioned Revolt, then Farewell, My Beloved, ‘til It's Freedom Day"

Musicisti: Charlie Mingus (bass and piano); Rolf Ericson, Richard Williams (trumpet); Quentin Jackson (trombone); Don Butterfield (tuba); Jerome Richardson (soprano, baritone saxophones and flute); Dick Hafer (tenor saxophones and flute); Charlie Mariano (alto saxophone); Jaki Byard (piano); Jay Berliner (guitar); Danny Richmond (drums).

 
 

Più che essere solo una pietra miliare, The Black Saint And The Sinner Lady è una vera e propria metafora del jazz. Un microcosmo sonoro che contiene al suo interno tutti i caratteri fondamentali della storia del genere cui appartiene. Sarebbe il disco ideale da consigliare a un neofita dicendogli: "Tieni e ascolta. Il jazz è questo". Solo che ce lo riporterebbe senz'altro indietro il giorno dopo e ci costringerebbe a ritentare con Kind Of Blue...Perché non è un disco semplice, Black Saint, né di facile ascolto. Ma una volta che ci ha catturato, non ci lascia più. Come tutta la musica di Mingus. Più del resto della musica di Mingus.

Formalmente è una suite di jazz ‘orchestrale' composta e registrata nel 1963, organizzata in quattro movimenti concepiti per coprire un intero LP (fatto rarissimo per l'epoca) e di durata senza precedenti (39 minuti), ispirata al tema della ricerca dell'umanità da parte di un uomo, un Santo Nero in cui si riconosce facilmente lo stesso Mingus. L'organico di 12 elementi, praticamente una big band ridotta, è probabilmente il migliore per compattezza della lunga carriera del nostro, dal trombone ellingtoniano di Quentin Jackson al fantastico sax alto di Charlie Mariano, dalla chitarra di Jay Berliner alla batteria di Dannie Richmond passando per il pianista Jaki Byard. Tutti danno il loro contributo solista a una partitura intricata, complessa e di grande fascino, che Mingus scrisse quasi completamente su carta, a parte le improvvisazioni soliste, facendola poi provare accuratamente prima di entrare in sala di registrazione. La misura di quanto tenesse a questa incisione sul piano personale si ebbe dai ripetuti scontri con il suo pianista, Jaki Byard, che a suo dire non era entrato nello spirito del pezzo e che lui praticamente esonerò dal ruolo, suonando personalmente gran parte degli interventi al pianoforte. Non solo: la chitarra flamencata di Jay Berliner richiama, per esplicita ammissione del leader, quella che ascoltava negli anni dell'infanzia suonata dal fratellastro Odell. Sono però le note di copertina, scritte da lui e dal suo psicanalista, torrenziali, viscerali, polemiche, appassionate come la musica del disco, a restituire tutto intero a quest'opera il carattere di grande e paradossale, e magari anche imbarazzante, confessione in musica.

Tuttavia la grandezza di The Black Saint and The Sinner Lady sta proprio qui: un'opera così intimamente, dolorosamente personale riesce ad incorporare al suo interno la storia del jazz nel suo svolgersi, dal passato di Ellington fino a certe anticipazioni free. Un momento sembra di ascoltare l'orchestra del Duca, con gli ottoni pastosi e Charlie Mariano a volare dietro alle memorie di Johnny Hodges; poi il ritmo accelera paurosamente, i legami tra gli strumenti si allentano e ci pare che da un momento all'altro si affacci il sax di Ayler o Archie Shepp. A un tratto, però, il caos si fa silenzio, e rimane solo una chitarra ad accennare memorie flamenco da chissà quale lontano passato. Ma all'improvviso il ritmo accelera ancora, e l'interplay di gruppo raggiunge livelli di intensità parossistica e grandiosa... Se Kind of Blue è l'apollineo in musica, poche altre incisioni sono più dionisiache di Black Saint. Ma il jazz è (anche) questo. E trovarlo tutto in un singolo CD ci sembra davvero un'occasione da non perdere. Tanto più a 9,99 Euro! E poi, magari, proseguite con Mingus Ah Um e Changes One. Non ve ne pentirete più.

 

 Luca Perlini