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BRIGHT EYES The People's Key

 

Anno di pubblicazione: Febbraio 2011

Etichetta: Saddle Creek

Provenienza: Nebraska (U.S.A.)

Genere: Indie Pop

Voto: ***

 

Brani migliori: Jejune Stars, Haile Selassie, Beginner's Mind, A Machine Spiritual (In The People's Key)

 

 

Conor Oberst, un nome, un genio nascosto da anni dietro lo pseudonimo di Bright Eyes, un giovane prodigio che ha registrato il suo primo demo-tape a tredici anni; il baluardo del folk americano del nuovo millennio, discordante, velato di adolescenza (quella appunto di Oberst), di chitarre elettriche e distorte e di una cupa disperazione latente.

The People's Key sembra segnare l'epilogo della parabola ascendete dei Bright Eyes, per lo meno da quanto ha lasciato intendere Obrest. Un addio a un nome ingombrante e a quello che ha significato, per non reprimere la vena creativa entro un percorso troppo definito e lineare. Il folk degli ultimi lavori, Cassadaga su tutti, torna al primordiale indie-pop di Digital Ash In A Digital Urn, arrabbiato e forse un po' ridondante, in cui gli elementi si fondono in un delirio allucinatorio venato di elettronica, per poi perdersi in un brusco silenzio ammantato di eco o una nota già sentita.

Il disco si apre con Firewall, brano introdotto da un lungo recitativo che corre sotterraneo per gran parte del disco, riaffiorando a tratti in superficie (la voce è quella di Denny Brewer, frontman dei Refried Ice Cream), che ci invita nel mondo di The People's Key, una sorta di universo parallelo, in cui è lo stesso concetto di tempo ad essere messo in discussione. C'è poi il blocco centrale che non si può definire in nessun altro modo se non pop, senza nessun significato negativo, anzi Shell Games (che Chris Martin potrebbe per sbaglio scambiare per una sua canzone), Jejune Stars, Approximate Sunlight e Beginner's Mind, insieme a Haile Selassie, saranno sicuramente la gioia di molte stazioni radiofoniche. C'è il ritorno a un folk più genuino, ma sempre velato di pop, di A Machine Spiritual (In The People's Key), e un tocco molto Built To Spill in One For Me One For You (soprattutto nell'uso della voce).

Insomma, in The People's key ci sono tutte le caratteristiche di un buon disco, amore, nostalgia, rimpianto, solarità, citazioni e rimandi, tenuti insieme da un grande senso di coesione, anche se probabilmente mancano i fuochi d'artificio che ci si potevano aspettare da Conor Oberst e soci per un gran finale a sorpresa.

 

 Franceca Ferrari